» Le deliziose avventure di Grifis e quel che dopo avvenne
La vista si stava offuscando e i contorni degli elementi diventavano più sfocati secondo dopo secondo, non riusciva più a mettere in piedi neanche un' idea per tirarsi fuori da quel casino e ormai stava diventando difficile pure distinguere la realtà dall' aldilà. Le ferite reagirono violentemente al soffio del vento che portò con sè la figura del quinto ninja, lo stesso che lo aveva steso con quei carboni ardenti. Fu scovato così, in un attimo, già.. a ripensarci ora era stato stupido cadere ai piedi di un albero con la misera speranza di poterla scampare, come se non fosse prevedibile un simile risultato. Gli occhi leggermente socchiusi gli consentirono di vedere l' uomo che chinandosi gli alzò le braccia ustionate con noncuranza e legò ai polsi quelle che sembravano delle manette di roccia grigia. Fu come infilare il coltello nella piaga, non aveva idea di cosa fossero fatte quelle insolite manette e non ebbe neanche modo di ragionarci che i suoi occhi si chiusero. Fu come tagliare il sottile filo che lo rendeva ancora partecipe alla realtà, e così, anche l' ultimo stimolo a respirare fu torto via brutalmente.
L' oscurità era padrona nella sua mente e la sua vista confusa e stanca scrutava quanto poteva a tratti brevi: vedeva un pavimento sudicio e ligneo sul quale poggiava il suo corpo inerme, una sensazione di movimento pervadeva la sua percezione e ben presto realizzò di essersi ritrovato buttato dentro un carro per essere trasportato chissà dove. Il suo aggressore lo aveva sconfitto su ogni linea e lo aveva ridotto ad una carcassa con poche chance di vita, e tutto avrebbe potuto prevedere tranne che un simile disastro dopo soli pochi giorni dal principio della sua "nuova vita". Qualcosa gli diceva di abituarsi a quelle situazioni critiche e sicuramente questa si sarebbe rivelata una validissima esperienza. Dopo molto, o molto poco, la corsa si arrestò e il suo acerrimo nemico - sì ormai era diventato questo - lo afferrò per le gambe portandolo fuori dal carro. Una grande luna illuminava una piccola abitazione avvolta nella selva, i contorni di essa erano sfocati, e la sua figura barcollante veniva sorretta dal suo nemico e guidata dal grosso cane che portava con sè, e fu lentamente scortato all' interno di codesta abitazione. Da quel momento il buio più totale ottenebrò la sua mente.
Riaprì gli occhi e un bagliore che durò un attimo lo accecò. Secondo dopo secondo cominciò ad abituarsi alla forte luce del giorno e ben presto fu in grado di ammirare il luogo nel quale era finito; un' ampia stanza dalle mure lignee e dal pavimento chiaro e lucido, davanti a lui una serie di porte scorrevoli tipiche orientali trasparivano in modo confuso ciò che vi era aldilà di esse, fungendo anche da grazioso arredo. Aleggiava un silenzio piacevole, o forse era solo un' impressione, ma non avvertiva alcuna percezione nell' ambiente esterno e solo ora, dopo qualche secondo di osservazione dello spazio circostante, i suoi occhi caddero su una tela appesa alla parete sulla quale erano dipinti dei kanji orientali; Kiba. Zanna. Non aveva idea di cosa potesse indicare, magari era semplice arredo o forse era finito in un vero e proprio covo di ninja, ma di fatto tutto questo gli era familiare, come se avesse già vissuto quest' ambiente. Un rumore leggero distolse la sua attenzione dalla tela e i suoi occhi puntarono sull' entrata di quella sala da dove ora sbucava una graziosa ragazza; i capelli corvini e aguzzi non troppo lunghi coronavano il viso dolce e chiaro, mentre vividi segni rossi solcavano le guance terminando in prossimità degli angoli della bocca. La ragazza portò con sè numerosi ricordi che in quel momento gli lamparono in testa. Immagini confuse gli tornarono alla mente, e ora realizzò dove aveva già visto quel kanji e tutto quello stile orientale che lo circondava: nello stesso edificio qualche momento prima. Una discussione tra il suo nemico e un anziano signore gli riecheggiava in modo caotico nella sua mente, ma quella ragazza, la stessa che qualche momento prima sorreggeva il vecchio, aveva riportato ordine chiarificando i suoi ricordi recenti. In questo ricordo, si discuteva riguardo un diritto che ora poteva essere reclamato grazie alla cattura di Grifis stesso, un diritto che avrebbe consentito a Raksha - sì era questo il suo nome - di renderlo erede di un clan.. il Clan Kiba. Già, tutto questo era ormai chiaro e lucido, ma.. perché Grifis? Cosa poteva importare a un anziano capoclan di un ragazzo privo di valore - poiché questo era ancora il giovane Grifis - portato in fin di vita nella sua casa? .. "Quello che hai cercato per tutta la tua vita ... questo ragazzo se ne è cibato..." Il collegamento mentale era semplice ormai pure per un comune ragazzo quale era Grifis, il frutto del mare, il Gelo eterno di cui era padrone, ormai unico ed inespugnabile padrone.. Era quello ciò che l' anziano aveva tanto ambito, e che ora, il suo dannato figliolo glielo offriva su un piatto d' oro, impaziente di ricevere la dovuta ricompensa.. Ma le cose non andarono evidentemente così.
La ragazza di estrema bellezza si era ormai avvicinata molto al letto nel quale giaceva Grifis, ormai quasi del tutto guarito, e la sua presenza sfumò tutti i ragionamenti complicati che la sua mente stava elaborando. Sfilò i piedi dalle coperte e si sollevò dal letto mettendosi in posizione eretta dinanzi alla graziosa fanciulla. Cominciò a sfilarsi le numerose bende che ricoprivano i suoi arti, notando con piacere che le bruciature erano ormai un ricordo lontano, forse grazie anche e soprattutto al potere di cui era ormai padrone. Allora si voltò verso la ragazza, guardandola con occhi decisi e parlò.
- Ehi, credo di non avere ormai più nulla da fare qui, mi dispiace per il vostro anziano e il vostro ragazzo complicato, ma io devo andare. Ti ringrazio per le cure, ma ora ho solo bisogno dei miei vestiti e i miei oggetti. -
La decisione di Grifis era chiara, secca e decisa. Questo voleva, questo avrebbe ottenuto.
Stato: Normale Chakra: --- Arma: ---
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