Shuren |
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Narrare della mia vita mi risulta piuttosto arduo, ma farò uno sforzo, ora che tutti possono carpire la mia essenza riversata su di un foglio, nero su bianco. Non sono spinto da una vera e propria necessità di farmi conoscere, piuttosto voglio togliermi, una volta per tutte, lo sfizio di vedere il mio vissuto direttamente, senza sfumature e a pieni colori, qualunque essi siano. Cinquant'anni fa venni alla luce, esattamente tre giorni dopo il Buster Call su Marineford, figlio adottivo di Jinpachi Munashi, il famoso spadaccino della Nebbia nonchè possessore di Homatsu, la spada esplosiva; si, ero un ninja, almeno in principio. Sono la prova vivente della veridicità del detto "tale padre, tale figlio": appresi in fretta l'arte della spada, praticata con forse troppo zelo, offrendo in cambio la mia pelle, ora martoriata da cicatrici che io stesso faccio fatica a enumerare ma di cui, alla fine dei conti, sono orgoglioso. Il problema nacque nel momento in cui da mio "padre" - se così si poteva definire - attinsi, oltre che quella particolare tecnica di combattimento, anche la sinistra attitudine all'inganno, al misfatto, all'assassinio.... in pratica, divenni uguale a lui, e posso assicurarvi che la successione delle 7 spade è una maledizione alla quale non vi è scampo, un circolo vizioso all'insegna del tradimento, del sangue. Lo odiavo, eppure lo amavo; era mio padre dopo tutto, mi aveva salvato dalla morte certa, ero stato abbandonato, ma... possedeva Homatsu, e la spada sembrava urlare a gran voce il mio nome ogni volta che il mio sguardo incontrava la sua forma. L'avidità mi spinse a commettere il mio primo omicidio, come la buona vecchia Kiri insegnava ai suoi più giovani abitanti; Jinpachi Munashi morì in circostanze misteriose e la sua spada era scomparsa nel nulla, insieme a me, suo figlio, Melk. Scappai, imbarcandomi verso la terra ferma, lontano da quel villaggio che aveva già messo sulla mia testa una taglia: ero ricercato per patricidio e crimini contro lo stato, in quanto mio padre era membro delle forze speciali. Ve lo immaginate un uomo di due metri che scappa via, con la coda tra le gambe? Se ve lo state chiedendo, non avevo paura dello stato ma di me stesso... ero diventato, di mia volontà, il mostro che odiavo.
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