Il Mostro, addestramento Shuren.

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K i t a *
view post Posted on 1/7/2012, 23:00




Il Mostro

I


L'odio è una caratteristica imprescindibile della natura umana; radicato in ogni cellula di cui il corpo è composto, lo corrode giorno dopo giorno durante la sua vita sino ad arrivare all'anima, la quale - anche quella più pura - si lascia corrompere da questa forza inarrestabile. Chi è maggiormente predisposto poi viene totalmente violentato da questa emozione, che gli divora la volontà, rendendolo succube del suo cieco volere.

Sai dirmi come si diventa un mostro?


E' solo in questa maniera che si possono spiegare certi fatti disumani che costantemente si concretizzano nel mondo; come altro si potrebbe giustificare la morte di un padre per mano di un figlio?
Eppure non è suo padre, e lui non è suo figlio.
Ma l'ha cresciuto come tale, dandogli tutto, insegnadogli ogni cosa.
Ogni cosa sul serio, perfino come ucciderlo.
Così lui ha deciso di scappare, tenendo con sé il dono più prezioso, mentre un'intero paese si mobilitava per la ricerca.

Dunque ora dimmi, come si crea un mostro?


qm point


Eccoci qua.
Il tuo "addestramento" è il primo del nuovo NvO, spero ti senta lusingato! Questo fornirà da esempio per tutti i tuoi colleghi, mostrando come ora differisca dalle precedenti edizioni. E' infatti ambientato non nel presente, ma quando sei scappato da Kiri, poco dopo aver ucciso tuo padre. Sei quindi giovane, aitante e tutto quello che ti pare.
Nel tuo primo post dovrai descrivermi la tua fuga e il tuo arrivo in una delle quattro isole - a tua scelta - presenti in questa sezione; ciò che fai, come pensi di comportarti una volta approdato, come e con chi arrivi e via discorrendo. Insomma, hai assoluta carta bianca.
Per dubbi o domande, sai dove trovarmi.


varie ed eventuali

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Shuren
view post Posted on 2/7/2012, 01:31




Hate.


Con la violenza uccisi chi invidiavo, ma non chi odiavo.
Con il tradimento uccisi la fiducia, ma non l'amore.
Con il furto uccisi un desiderio, ma non la sua fonte.



Quel giorno la vita decise di insegnarmi tre leggi fondamentali da rispettare, soltanto aspettò che io le trasgredissi, senza nemmeno mettermene a conoscenza invece che prevenire la crescita del seme dell'odio nel mio ego.
Per farla breve, inizierò da subito, ma concedete che io aggiunga una piccola, anzi piccolissima prefazione alla mia storia: la vita è una merda. Chiaro, no?

1


Sostanzialmente, un individuo fin dalla nascita non può essere definito nè buono nè malvagio, può solo essere inclinato verso uno o l'altro; può contribuire in questa inclinazione una famiglia disastrata, o l'assenza di essa come nel mio caso, un ambiente ostile e malfamato, come nel mio caso, o un'ambizione esagerata, come nel mio caso.
Per carità, non sto cercando di giustificarmi, anche se vorrei poterlo fare... non rinnego, ma nemmeno accetto.

2


La riconoscenza di un uomo finisce laddove terminano i benefici che si possono trarre da un altro; nel momento in cui non ebbi più niente da imparare, niente da guadagnare da Jinpachi, solo l'amore nei suoi confronti costruiva una debole barriera che mi separava dall'omicidio. Appare quindi alla mente dei più che essere generosi risulta inutile, se non nocivo, e questo è un altro motivo che riconferma il concetto espresso nella prefazione; per chi non se lo ricorda, la vita è una merda.

3


Quando odiamo qualcuno, odiamo nella sua immagine qualcosa che è dentro di noi, quindi, odiamo una parte di noi stessi. Come si può pretendere la presenza del bene se fecondiamo il suo esatto opposto addirittura nel nostro stesso io? Lui mi aveva plasmato, lui aveva reso me uno spadaccino, lui mi aveva dato la vita, lui mi aveva dato un'identità.... lui, mio padre, e io lo uccisi.


Guardai la sua pelle, solitamente scura, farsi di colpo pallida e i suoi muscoli contrarsi in spasmi di atroce agonia, mentre il veleno lentamente spegneva ogni sua funziona vitale.
Lo fissai negli occhi, e vidi stupore, dolore, e compassione uniti in simbiosi trapelare da amare lacrime che lentamente solcavano il viso di Jinpachi Munashi, membro dei Sette Spadaccini della Nebbia... poi un tonfo sordo, il rumore di un corpo che cade a terra per non rialzarsi più.
Come in trance, il mio sguardo vuoto guidava le mie lunghe gambe nel breve percorso che mi separava dalla sua camera, dal mio desiderio, mentre il crepitio del legno mi accompagnava da complice e testimone al tempo stesso.
Aperta la porta, dovetti chinarmi come di consueto vista la mia mole: poggiata sul letto, Homatsu era lì, distesa e strabiliante nella sua bellezza, nella sua fattura, nella sua genialità.

Sono qui Melk, prendimi!


Urlò, posso giurare di averla sentita urlare il mio nome, di aver implorato di essere impugnata da me, colui che solo ne aveva il diritto e che di certo non poteva rifiutare una proposta del genere. Scattai, quasi indemoniato, incapace di comprendere ciò che avevo fatto, e l'afferrai con salda presa, per poi tornare nella sala principale.
Incrociai ancora una volta, l'ultima volta, lo sguardo con il cadavere mentre nascondevo il cibo avvelenato che avevo usato per il patricidio: tutto era pronto, e chiudendomi la porta alle spalle abbandonai in quella casa mio padre e il mio cuore.

Avevo almeno sei ore prima che cominciasse la riunione delle forze speciali di cui faceva parte Jinpachi, e prima di quel momento nessuno si sarebbe accorto di niente... dovevo fuggire. Con la spada infilata nel grosso borsone, decisi di camminare con passo sostenuto, senza correre o affaticarmi, nonostante mi riuscisse difficile tenere a bada l'euforia, o il dolore, che dir si voglia: un uomo di venti anni e due metri di muscoli scolpiti che corre in modo sfrenato non sarebbe stato proprio il massimo della furtività. Semplicemente, mi coprii il volto con una benda.
Raggiunsi in circa una mezz'ora il porto di Kiri, il Villaggio della Nebbia che tra i tanti mostri che annualmente partoriva aveva voluto, tempo prima, anche me tra le sue fila; al mio arrivo, scambiai due parole con un vecchio che possedeva una piccola barca, e facendo leva sulla mia "importanza" lo convinsi a scortarmi fino all'isola dell'Ovest, non troppo lontana da lì.
Qualche minuto di preparazione, e l'imbarcazione cominciò il suo viaggio nelle fredde acque, segnando la fine di ogni mio rapporto con quel villaggio.

Il silenzio aleggiava nascosto nella nebbia, disturbato saltuariamente dal rumore del remo che pigramente scansava piccole quantità di un mare troppo vasto per accorgersene... e nella noia di un iter che sarebbe durato non so quante ore, la mia mente sembrò riprendere vita tutto a un tratto, l'assenza di suono divenne frastuono nella mia calotta cranica.
Cosa avevo fatto? Allontanai con paura il sacco che aveva contenuto fino a poco fa il motivo della mia gioia, divenuto poi il simbolo terreno delle mia empietà, della mia debolezza, del mio essere umano.
Avevo rinunciato al bene di un padre che mi aveva donato tutto, ad una vita degna di essere definita tale, ad una città che nel bene e nel male mi aveva ospitato, per cosa? Per una fottuta, insignificante spada.
Homatsu ancora mi reclamava, e io non avevo il coraggio di buttarla nelle profondità del mare e cercare di rimediare a quello che avevo fatto, o almeno affrontarne le conseguenze: ero un debole e irriconoscente ammasso di carne e ossa, e come tale me ne rimasi immobile, senza dare segni di vita.

Un salto temporale, e mi ritrovai dinnanzi uno dei più bei spettacoli della mia vita... l'arcipelago dell'Ovest in tutto il suo splendore. Il vecchio mi toccò la spalla, segno evidente di come avesse fretta di tornarsene a casa: non lo salutai nemmeno e scesi dalla barca, con l'acqua che mi arrivava fino alle ginocchia. Poi un tonfo, e girandomi vidi il grosso sacco galleggiare in quel limpido specchio... l'avevo volutamente lasciata lì sopra, ma il destino voleva a tutti i costi che il mio percorso andasse di pari passo con quello di Homatsu.
Raccolsi l'involucro senza guardarlo e lo trascinai sulla sabbia, dove mi distesi, occhi rivolti al cielo, lagrimanti.
Intorno a me, solo bellezza serenatrice.
Dentro di me, il chaos distruttore.



CITAZIONE
La prima parte è l'introduzione del Melk vecchio, la seconda come si evince è il racconto vero e proprio del Melk giovane. Spero di aver eseguito il tutto correttamente, il fatto che il personaggio si limiti a stendersi sulla sabbia è semplice indice di rassegnazione e abbandono, non riesce a pensare ad altro.

Chakra: 10/10
Situazione Fisica: Perfetta
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K i t a *
view post Posted on 3/7/2012, 11:17




Il Mostro

II


«Cosa ci fai ancora qua?».
Una signora dai lunghi e luminosi capelli neri, tenuti legati in una grossa treccia, fissava corrucciata dall’uscio della porta la giovane figlia, impegnata ancora a vestirsi, rimirandosi nell’ampio specchio. Si poteva riconoscere la figlia nel volto della madre, nonostante questo fosse segnato dall’età e la pelle consumata dal sole e dalla salsedine, segno di una vita da gran lavoratrice, dedita al mare come la maggior parte della popolazione sulla piccola isola. La ragazza la fissò nel riflesso dello specchio, imbronciata per l’interruzione dell’elaborata routine messa in atto ogni giorno.«Aje, Ma’» disse lei con tono scocciato «Lo so, sto andando!». La donna scosse la testa e incrociò le braccia al petto «Subito devi andare! E’ importante riuscire ad ottenere-» «“-sempre le conchiglie migliori”, lo so Ma’, me lo ripeti ogni giorno!» concluse lei al suo posto. Quella corrugò la fronte, facendo schioccare le labbra: «Allora se lo sai perché non ti sbrighi, sciocca ragazza? Ah, ma perché non sei come la Miyako? Lei va sulla spiaggia dall’alba!» le disse. La ragazza si voltò di scatto, come colpita da una frusta, il volto livido di rabbia: «Miyako va così presto per incontrarsi con il figlio del bottegaio!» sibilò velenosa. La madre sollevò le sopracciglia, sbuffando: «Beh, lei è operosa, si è trovata perfino un uomo!». Digrignando i denti, la figlia afferrò il copricapo, infilandoselo di malagrazia, e, impettita, uscì dalla stanza, dirigendosi a testa alta fuori dalla porta di casa. La donna scosse nuovamente il capo, sospirando. «Aje, che pazienza che ci vuole…».

Si muoveva a passi rapidi, cercando di far sbollire la rabbia che ancora le pompava furiosa nelle vene.
Come si permetteva la vecchia di accusarla di non riuscire a procurarsi un fidanzato!? Lei non aveva bisogno di fare come quella stupida di Miyako, sempre in giro con il petto scoperto, sorridendo e ammiccando ad ogni giovanotto avesse superato la pubertà! Lei era più seria!
Passo dopo passo scorse di fronte a sé la spiaggia e il mare che si stagliavano all’orizzonte; rallentò l’andatura: quella visione, il profumo di sale nell’aria, il vento fresco che proveniva da lontano, furono come una carezza confortevole sulla sua pelle. Respirò a fondo, inalando tutta l’aria che poteva, per poi ispirare a fondo, buttando a fuori l’irritazione accumulata. In fondo non ne valeva la pena; glielo avrebbe fatto capire lei alla vecchia che non era da meno a nessuno.
Rallentò l’andatura, scendendo lungo l’alta duna di sabbia che separava la spiaggia dalla foresta circostante. Una volta arrivata sino alla riva, corrugo la fronte, cominciando ad attuare piccoli gesti meccanici, segno di una routine ormai consolidata, e di sapienza nel proprio lavoro di cercare conchiglie.

Dopo neanche cinquanta metri si fermò: a pochi passi c’era un uomo, riverso nella sabbia, il viso verso il cielo terso e sconfinato, ma con gli occhi ben chiusi. Le passò per la mente l’idea che fosse un cadavere che il mare avesse sputato fuori e inorridì. Fu tentata di proseguire oltre, ignorando il mal capitato, ma un certo senso di dovere – mischiato anche alla fama che sicuramente ne avrebbe tratto al villaggio – glielo impedì, e la fece avvicinare cautamente alla figura. L’ampio petto si sollevava ritmicamente sotto il suo respiro e lei sospirò sollevata; si accostò a lui, piegandosi leggermente in avanti e gli disse:

addshuren01

«Aje, tutto bene, sì?».


qm point


Il tuo meditare viene interrotto dalla voce di questa giovane ragazza, con cui puoi interagire come meglio credi.
Nel tuo post dovrai inserire i pensieri del povero Melk, e l'impatto con la giovane donna.
Forza e coraggio :ghgh:


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Shuren
view post Posted on 3/7/2012, 21:04




Hate.


Chi disturba il can che dorme, non è imprudente ma solo un rompiballe.



Siete ancora qui a leggere? Che coraggio, vi stimo... davvero.
Il fatto che io mi rivolga a un'entità plurale non vuol dire che sono così superbo da pensare di avere un numero di lettori superiore all'uno, ma, nel dubbio, potrò salvarmi con la scusa della "cortesia e bon ton" nell'uso del "voi"; d'altronde, a chi possono minimamente interessare i consigli o le storielle di un uomo sulla cinquantina, che tradì il suo paese e uccise suo padre?
Se volete la risposta che volete sentirvi dire, eccovela: a nessuno.
Se volete la risposta che io voglio darvi, eccovela: a tutti.
Direte: meno male che non era superbo!
Eppure vi assicuro che la miglior terapia per giustificare i propri sbagli è sentire, per poi condannare, quelli altrui.
Mi ringrazierete alla fine, so aspettare... lo faccio da sempre.


Feci spazio dentro di me per accogliere il silenzio, volevo sentire cantare o piangere la mia anima, volevo sentirla viva e pulsante per poi vomitarla sulla sabbia e vedere di cosa diavolo era fatta.
Inutile, del tutto inutile: non avevo e non volevo la forza per muovermi e due dita in gola non sarebbero servite per afferrare il nulla.
Rimasi come ero, fermo, sotto un cielo così grande eppure così indifferente ai drammi della vita di un uomo come tanti altri, peggio degli altri; in un'immaginaria lista di persone alle quale Dio avrebbe prima o poi dato una mano, non potevo nemmeno vantarmi di occupare l'ultimo posto... sulla lista io non c'ero nemmeno.

Come potevo godere dello spettacolo che quel posto mi offriva, rigoglioso di acqua e vegetazione fuori dall'ordinario e che non avevo mai visto prima, quando in quel momento avrei rifiutato di vedere la mia stessa figura riflessa in uno specchio? Ringraziai sommessamente il clima per non aver invitato in quella giornata le nuvole, bianchi ammassi d'acqua così viscidi da prendere le forme, quando li guardi, di ciò di cui hai più paura... me stesso, ovviamente.
A prescindere dal punto di vista morale/etico che lascia alquanto a desiderare, se non rabbrividire, fin da piccolo sono sempre stato oltre lo standard fisico degli altri: alto, imponente, lineamenti duri e severi, quasi inquietanti, e gli allenamenti non hanno fatto altro che peggiorare il tutto.
Trent'anni fa ero un colosso vero e proprio con lunghi capelli neri... come oggi, solo senza barba, senza rughe, ma con gli stessi problemi esistenziali.

Sulla mia destra, a un metro di distanza, dal sacco dove avevo messo Homatsu prima del viaggio potevo sentire ancora la sua voce sibilante e ammaliatrice che formava parole di cui non riuscivo a comprendere il significato; quel singolo suono, ripetuto nel tempo, mi aveva fatto venire la pelle d'oca.
Avete presente il concetto di dipendenza? Ecco, era il mio caso. Non volevo toccare colei che mi aveva spinto ad uccidere mio padre, eppure starle lontano anche solo cento fottuti centimetri bastava a rendermi nevrotico, a lasciarmi in bilico per l'eternità tra stasi e movimento.
Dieci minuti, mezz'ora, due ore... ancora poco, e sarei impazzito.
Poi un rumore improvviso, dei passi, e instintivamente afferrai il sacco e lo strinsi al petto, come se avessi paura che qualcuno poteva privarmi di lei, che a sua volta mi aveva privato della mia vita precedente: si, ero e sono uno stupido.

«Aje, tutto bene, sì?».


Una donna giovane, attraente ma importuna allo stesso tempo, vestita adeguatamente per il caldo che faceva, disturbò il mio tentativo di ricerca della quiete. La guardai per un attimo, poi richiusi gli occhi.
La prima domanda che mi feci fu: hai rubato il mio silenzio, non ti senti in colpa? Trattenni la mia rabbia, me ne restai immobile e mi limitai ad annuire, senza fare nè dire niente, continuando a tenere stretta tra le braccia Homatsu... se c'era qualcuno con cui dovevo prendermela, era la spada, anzi me stesso.
Il silenzio è puro.
Il silenzio è sacro.
Il silenzio... deve rimanere tale.




CITAZIONE
Praticamente, Melk è troppo sconvolto e chiuso in sè stesso per allacciare un minimo rapporto umano con la donna, se ne rimane fermo e con Homatsu tra le braccia.

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K i t a *
view post Posted on 5/7/2012, 12:01




Il Mostro

III


Pareva un bambino a dir poco cresciuto, con quel grosso sacco tenuto stretto tra le braccia possenti. Lo scrutò in silenzio per alcuni secondi, domandandosi chi diamine fosse quell’uomo e che ci facesse là, sbattuto sulla loro spiaggia. Passarono lunghissimi istanti mentre lo fissava e quando se ne rese conto, arrossì furiosamente.

addshuren02


Si schiarì la voce e gli disse: «Uhm, okay, ma non puoi stare qui!». Si guardò intorno, alla ricerca di una possibile nave di provenienza, ma l’orizzonte era completamente terzo, mescolandosi a perdifiato con il cielo. «Ma… come accidenti sei arrivato sino a qua?» gli chiese con candore, spostando lo sguardo sugli occhi dell’uomo.


qm point


Rispondi come meglio preferisci alla ragazza. Nel tuo prossimo post, in un modo o nell'altro - a tua totale discrezione - vieni convinto/costretto ad andare al villaggio.
Dai che a breve si entra nel vivo :fgh:


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Shuren
view post Posted on 5/7/2012, 15:42




Hate.


Reintossicazione volontaria, adesione alla barbaria.



Quindi, a quanto pare, qualcuno presta attenzione a questo racconto... affascinante, davvero. Mi chiedo come facciate, ma riserverò la domanda per dopo, o forse non vi domanderò proprio niente.
Certe cose è meglio non saperle, a certe cose è meglio non dare una spiegazione: ci sono e basta.
Come per le fissazioni, per i vizi, per le dipendenze.
Nessuna ricerca, nessuna estenuante disperazione di fronte a ciò che è sconosciuto; fate come me, accettatelo, accoglietelo, abbandonatevi al piacere maligno che esso può darvi.
Magari il vostro corpo non sarà poi più così vostro, ma almeno la mente resterà in vostro possesso, a livello teorico. Mi sembra uno scambio equo, no?


Niente da fare, la curiosità forse è il primo motore del mondo, se capite cosa intendo: un essere curioso è ostinato e imprudente al punto giusto da ritrovarsi davanti la morte senza nemmeno riconoscerla, e continuare a infastidirla.
Si può essere più stupidi di così? No, ve lo assicuro.
Purtroppo era il giorno fortunato di quella ragazza: non avrei mai avuto il coraggio di spargere altro sangue in quel momento, non con Homatsu... e visto che non riuscivo a separarmi da lei, la salvezza per quella fanciulla era cosa assai scontata.
Ero diventato un verme, incapace di intendere e volere a causa di una spada che probabilmente aveva tutto tranne che un'anima, e io stolto pensavo di sentirla e di comunicarci.
La cosa peggiore era che probabilmente ancora non avevo realizzato ciò che avevo commesso: forse, con lei tra le mie braccia, non l'avrei mai fatto.

Passò il tempo senza che me ne resi conto, cullato dall'aria marina che fresca accarezzava la mia rude pelle, picchiettandola e levigandola allo stesso tempo.
Aprì gli occhi per un secondo e mi accorsi che la ragazza era ancora lì, in piedi, che mi fissava come se non avesse mai visto prima un uomo; arrossì e cominciò a parlare, con voce squillante:

«Uhm, okay, ma non puoi stare qui!»


Mi voltai lentamente, carpendo la poca convinzione con la quale erano state pronunciate quelle parole... sembrava obbedire a non so quale tipo di legge, piuttosto che alla sua volontà tutt'altro che ferma.
Ancora una volta, si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che non mi interessava minimamente, poi continuò:

«Ma… come accidenti sei arrivato sino a qua?»


Domande. Domande. Ancora domande. Non sapeva fare altro evidentemente, perciò dovevo intervenire. La fermai prima che ricominciasse, e dissi qualche parola:

"Non importa. Visto che non posso stare qui, dove posso riposare in tranquillità per poco tempo?"


La mia voce non era delle più amichevoli, aveva quel pizzico di intimidazione necessaria a farmi rispondere in modo chiaro e preciso; così fu, in effetti.

"Puoi venire come al villaggio penso ma... ecco, non comportarti con gli altri così!"


L'idea non mi aggradava ma non volevo mettermi in mezzo ai guai e pregiudicare la mia situazione o mettere a repentaglio la mia libertà. Jinpachi era morto per una giusta causa, ma lo Stato non avrebbe capito. Nessuno mi avrebbe capito.
Annuì e mi alzai con fare lento, il sacco sotto un braccio, e cominciai a seguirla, percorrendo a ritroso il percorso che lei aveva fatto prima di trovarmi; durante il piccolo viaggio, potei concedere agli occhi il piacere di mille piante mai viste prima, animali di ogni sorta e colore, un paradiso terrestre vero e proprio.
Dieci minuti di cammino, con lei che indicava la strada, e arrivammo davanti un portone in legno socchiuso come entrata di un piccolo villaggio cinto di mura dello stesso materiale... si girò, mi guardò, sospirò, e poi si avvicinò ad esso e lo aprì lentamente. Che avessi fatto la cosa giusta a farmi convincere?


CITAZIONE
Niente da specificare, ho preferito dire di non essere ancora entrato nel villaggio per lasciare spazio a eventuali descrizioni del Qm!

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K i t a *
view post Posted on 10/7/2012, 18:13




Il Mostro

IV


Kiyo sostava sotto il terrazzo della propria casa, i grandi occhi concentrati sulla tela che tesseva con pazienza e maestria. I lunghi capelli neri, lucidi e odorosi di cocco, le ricadevano lungo la schiena, intrecciati, e il viso – cosparso da solchi più o meno profondi causati dall’età e dalle intemperie – era rilassato, persa nelle proprie riflessioni. La figlia era andata a cercare le conchiglie da neanche un’ora e si godeva la serenità che regnava nella propria casa.

«Madama Kijo! Madama Kijo!» le urla dei bambini la interruppero, facendole sollevare lo sguardo verso la loro direzione. «Aje, bambini. Cosa succede?» chiese loro, posando gli utensili nella cesta accanto a sé. «Kojiko sta accompagnando uno straniero! Stanno venendo al villaggio!» dissero eccitati, per poi prenderle le mani ed esortarla a sollevarsi. Avrebbe dovuto subito pensare che c’entrava qualcosa sua figlia. Sospirando si lasciò trascinare dai bambini lungo la strada, lungo cui intravide che già si era fermato un capannello di persone intorno a qualcosa, o meglio, a qualcuno


qm point


Scusa il ritardo!
Questo turno avrai da ruolare, oltre il tuo pg, un mare di png a tua scelta. Quando entri al villaggio con Kojiko - la tua accompagnatrice - venite pian piano accolti da una marea di bambini, che si avvicinano incuirisiti e cercano di toccarti. Dopodiché si disseminano lungo le vie, e ritornano con altrettanti adulti, tutti interessati alla tua comparsa.
Alla fine verrà anche Kiyo, la madre di Kojiko, che alla fine ti inviterà a fermarti a casa sua per la cena e la notte. Descrivi pure la cena, il resto della sua famiglia, la casa, tutto quello che ti pare. Durante il pasto ti chiederanno chi sei, da dove vieni, cosa fai ecc. e ti spiegheranno che ci sono diverse navi che si aggirano e non sembrano avere gli intenti più amichevoli. Conclusa la cena vi avviate a dormire, e qua ti fermi.
Insomma, super wallpost per te!


varie ed eventuali

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Shuren
view post Posted on 12/7/2012, 22:20




Hate.


Puoi fare tutto quello che vuoi, ma si riduce sempre a un coin flip.


Sono consapevole della noiosità e futilità di ogni mia premessa prima di un pezzo del mio racconto, ma sono troppo egocentrico per lasciarmi sfuggire un piccolo spazio di libertà di parola, qualora mi venga concesso.
Almeno quella, quando si tratta della mia storia, l'ho sempre avuta e non permetterò MAI a nessuno di privarmene... non ora che ho appena iniziato a narrare le mie tristi gesta, il percorso di una vita altalenante e che non ha mai seguito una strada per mia decisione, intera e autonoma almeno.
Solamente vie di mezzo, solamente una dannata percentuale del 50% ogni santissima volta, ma con la moneta truccata dal destino.


Il portone in legno locale emise un rumore sinistro per ruotare attorno al suo cardine e spalancarsi sotto la mia leggera, seppur decisa, spinta, rivelando il suo contenuto.
Alle mie spalle ero sicuro di percepire la ragazza fissarmi costantemente, quasi fremesse dalla voglia di vedere la mia reazione alla vista della sua casa, del suo luogo natio.
Purtroppo per lei, ben altre cose occupavano e plagiavano la mia mente: Homatsu era una di quelle.
Dal momento in cui avevo intravisto la destinazione prefissata, sentivo il sangue pulsare nelle vene, una voce femminile acuta gridare sommessamente, insinuandosi nel mio timpano per non lasciarlo più, come se quel posto nascondesse il peggiore dei mali per me, o per la stessa spada.
Famoso è il detto: la curiosità uccide il gatto.
Ora, non che io sia un gatto o vi assomigli in qualcosa, però stavo rischiando molto, forse troppo; in un paese sconosciuto, tra sconosciuti, avrei fatto di tutto pur di non far notare il fardello che mi portavo addosso... TUTTO.

Lunghe fronde di alberi circondavano il perimetro del villaggio, che comprendeva un massimo di dieci abitazioni sulla terra ferma, più quattro torri di vedetta sugli arbusti sprovviste di uomini.
Decorazioni scialbe a sfondo vegetale, con l'aggiunta di qualche pietra raffinata, coralli, e conchiglie su porte e palizzate... il massimo che ci si poteva aspettare, ma comunque curato e in armonia con l'ambiente circostante.
Purtroppo non ebbi il tempo di fare altre osservazioni che una massa enorme di piccole figure, seguite da altrettanti voci squillanti, si accalcarono tutte intorno la mia imponente figura, ora indicando con la mano, ora cercando un contatto fisico o verbale. Bambini che non avevano mai visto una persona della mia stazza, o forse semplicemente curiosi... non mi sembra il caso di ripetere il detto del gatto, anche perchè non mi sarei mai abbassato e non mi abbasserei a muovere un'arma contro un infante.

"Kojiko chi è questo gigante?"


Urla e risate li pervadevano, come se avessero davanti un nuovo gioco; per il momento, li avrei lasciati fare, sicuramente la noia dominava in quel villaggio.

"Guarda quanto è grosso!"


Mi lasciai scappare un piccolo sorriso, subito strappato via dal mio volto quando sentì un piccolo strattone alla mia borsa. Mi voltai fulmineo e incrociai lo sguardo di una piccola bambina, per farle capire con durezza che non doveva minimamente rifare una cosa del genere: vedere ma non toccare.

Passarono cinque minuti di imbarazzo, con Kojiko - così avevo appreso dai marmocchi - che se ne restava in un angolo, fin quando non arrivarono circa tre maschi adulti e due donne anziane, tra cui sua madre, vista la somiglianza e l'affettuoso abbraccio. Mi scrutarono da cima a fondo, alla ricerca di qualcosa che mi identificasse... poi la vecchia ruppe il silenzio amichevolmente.

"Straniero, se mia figlia ti ha portato qui non devi essere una minaccia per il mio villaggio. Sono Kijo, e questi sono il resto degli abitanti come puoi intuire. Se non hai niente di meglio da fare, puoi sostare la notte da noi, per oggi."


Notai un tono più accentuato su quel "per oggi", quasi come se volesse sottolineare che, a prescindere dalla cortesia della presentazione e dell'invito, rimanevo comunque un qualcuno al di fuori del loro piccolo e accentrato sistema antico... nonostante questo accettai, avevo fatto trenta, tanto valeva fare trentuno.

Entrai insieme a madre e figlia, più la sorella minore di Kojiko, di gran lunga più aggraziata e disinvolta, forse addirittura impertinente; il padre invece, da quando avevo capito da qualche foto sparsa nell'abitazione, era morto. Mi presentai laconicamente, poi mi misi a tavola, appoggiando il borsone ai piedi della sedia, mentre Kijo cominciava a servire su piatti di ceramica frutti di mare dall'aspetto invitante.
In un escalation di gusti saporiti e diversi da quelli a cui ero abituato, arrivò il momento che più temevo di tutti.

"Allora straniero... raccontaci qualcosa di te, il tuo nome ad esempio!"


Alzai lo sguardo dal piatto, cercando di mantenere la calma e il controllo della situazione.

"Mi chiamo Melk, e vengo da Kiri."


La donna palesò un'espressione di sorpresa mista a qualcosa simile al timore, per poi continuare sempre incalzante.

"Capisco, e come mai ti sei avventurato fin qui? Qualche motivo in particolare?"


Non dovevo tradire me stesso, e non dovevo far trapelare informazioni... dovevo essere un fantasma, nei limiti del possibile.

"Semplice viaggio di piacere, ero a conoscenza della bellezza di queste isole.."


Poi mi venne in mente l'idea più geniale di quella giornata: fare delle domande. D'altronde, se non vuoi che te ne vengano fatte, devi anticipare e controbattere fin da subito.

"... voi invece che mi dite? Perchè questo tono inquisitorio?"


La frase colpì in pieno le tre donne, ma la vecchia non aspettò altro tempo per riprendere, anche se visibilmente turbata.

"Semplice, è da qualche tempo che delle navi circumnavigano l'isola, con bandiera nera issata e senza cercare il minimo approccio... non penso abbiano buone intenzioni. Comunque, si è fatto tardi, è meglio andare a dormire. Tutti quanti."


Navi... cosa cercavano in un posto come quello? Non mi era dato saperlo, e alla fine non mi interessava più di tanto, ma la cosa poteva essere dannosa anche per me. Mi feci accompagnare da Kojiko nella stanza degli ospiti, e feci finta di mettermi a dormire.
A luci spente, mi alzai in silenzio, afferrai Homatsu, e mi diressi verso la porta: non potevo rimanere in quel villaggio.


CITAZIONE
Melk resta sempre sulle sue, e alla notizia delle navi, decide di andarsene di notte dal villaggio per evitare scazzi e problemi vari.

Chakra: 10/10
Situazione Fisica: Perfetta
Situazione Mentale: Chaos.
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†DeStRo†
view post Posted on 29/9/2012, 11:53




CITAZIONE
un paio di precisazioni:
1) non ho la più pallida idea della trama pensata da kita, quindi proseguirai con qualcosa di ideato da me;
2) scusa il ritardo

Il Mostro

V


La notte tinge di quiete e nero il paesaggio che, come addormentato, si lascia cullare.
Per le strade non vi è neanche un'anima, quasi come se si fossero addormentate tutte all'unisono. Per le strade un'ombra si aggira ma ella, pur essendo furtiva, non ha cattive intenzioni.
Ignora le abitazioni ormai buie e si allontana svelto e acquattato come un felino.

I due che quella erano di ronda se ne accorsero. Inseguirono silenziosi l'ombra finchè, uno dei due, non decise che il momento era giunto. Quindi prese il forcone e accellerando il passo, balzò alle spalle della furtiva figura, cercando di colpirla dietro al capo.
L'altro, più giovane e meno esperto, rimase nascosto, codardo e in silenzio, pregando che il suo cuore, che allora batteva all'impazzata, non rivelasse alla strana ombra la sua poszione.


qm point


Allora molto semplice. descrvi la tua fuga quando poi, all'improvviso, avverti qualcuno alle tue spalle. Uno è nascosto, non puoivederlo, l'altro è un cittadino che credendoti un ladro ti assale alle spalle.
Tieni conto di una cosa. E' buio! Quindi non riuscite a vedervi in faccia. Non si vede molto se non per quel poco che la luna riesce a proiettare sulla terra.
Non essere autoconclusivo ed agisci di conseguenza.


varie ed eventuali

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8 replies since 1/7/2012, 23:00   216 views
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