Può la morte avere un odore? O un sapore?
Se si, a cosa assomiglierebbe? Probabilmente avrebbe l'odore di putrida carcassa decomposta e il sapore della ruggine, che di fatto sono anche immagini che ben si addicono a essere accomunate al comportamento della nera signora ma, ad ogni modo, se la morte avesse un odore, sarebbe sicuramente quello che aleggiava tra quelle mura dove mi trovavo.
La mia falce trilama si conficcò nel petto dell'ultimo di quei vermi e, con un movimento netto del polso, squarciai la sua cassa toracica in un'esplosione vermiglia che imbrattò le pareti e le mie vesti. Il sommo dio Jashin sarebbe soddisfatto di un lavoro del genere, che non lasciava spazio nè alla pietà, nè alla compassione nè tantomeno a un accenno di rimorso alla vista di tutto quell'orrore. Lo spettacolo era a dir poco magnifico, tutti fuorigioco, tutti in silenzio.
Era la parte più bella del rituale, la fine. Quelle pareti silenziose come la notte, un leggero soffio d'aria che trasportava con se quell'odore quasi metallico, magnifico. Akatsuki non era un organizzazione che mirava al massacro, ma a qualcosa di molto di più, ma per poter raggiungere quel qualcosa era assolutamente necessario che io mi innalzassi a livelli che i normali ninja non avevano ancora avuto modo di conoscere, livelli che quasi trascendevano l'uomo, livelli a cui solo Jashin poteva portarmi e quindi sorgeva spontaneo il desiderio di accontentarlo. Le mie preghiere erano i lamenti dei moribondi prima del colpo di grazia, il loro sangue traboccante il mio dono e le loro carni lacerate il mio pane e così sarebbe stato fino al giorno in cui le mie capacità non avrebbero avuto più rivali e sarebbe giunta l'ora della mossa della luna rossa, Akatsuki.
Finii di pregare, tra quei corpi insanguinati, pronto a lasciare quel lugo alla mercè del tempo quando qualcosa accadde. La falce mi scivolò di mano, tintinnando sulle pietre del pavimento un paio di volte prima di arrestarsi. Quel suono rimbombò nella mia mente in modo talmente sincopato da assumere quasi i contorni di una cantilena, il mio corpo si irrigidì per un'istante prima di essere colpito da una sorta di formicolìo che lentamente mi portava a perderne la sensibilità. Caddi su un ginocchio, mentre digrignai i denti, una fitta al petto come una pugnalata mentre la pelle divenne incandescente e il sudore che scivolava via dalla mia fronte si mischiava al sangue che mi aveva macchiato durante quella strage. Immagini contorte e tremolanti, accompagnate da quel rimbomvo metallico nella testa.
Poi il silenzio.
La vista si offuscò sempre di più.
L'unico rumore che sentivo era quello del mio respiro.
Prima affannoso.
Poi un pò di meno.
Poi più nulla.
Un colpo di reni, ripresi conoscenza. Dovevano essere passate diverse ore a giudicare dal tanfo che emettevano quei corpi, contornati da mosce. La luce scarseggiava, probabilmente era sopraggiunta la notte ma nonostante il lungo tempo trascorso il mio corpo non aveva ancora recuperato. La cosa mi sorprese tantissimo, le mie abilità mi permettevano di essere perfino decapitato e guarire dopo poche ora, e adesso il mio corpo combatteva contro spasmi muscolari e una semi paralisi, inconcepibile. Dovevo, ad ogni modo, spostarmi di lì, qualcuno sarebbe arrivato prima o poi a controllare tutti quei cadaveri e io non potevo essere in balìa degli eventi ma muoversi era tutto furchè facile. Portai i gomiti dinanzi a me, come a trascinarmi sfruttando il fatto che il sangue per terra aveva reso più scivoloso il pavimento, speravo di raggiungere l'esterno. I miei occhi vennero catturato da un luccichìo, proveniva dalla mia gamba ed era un ago conficcato all'altezza del polpaccio. Qualcuno di quei fottuti bastardi doveva avermi colpito e avvelenato.
❝ Mer... merda❞ Tentai ancora, invano di spostarmi, ma più mi muovevo più la circolazione di sangue aumentava, tentai di manipolarla per rintracciare l'agente che mi stava rallentando ma purtroppo era ormai troppo tardi. Sentii i capogiri, gli occhi si girarono e ancora una volta tutto divenne buio, ma stavolta era diverso. Riaprii gli occhi quasi come se mi trovassi in un sogno, attrno a me tutto era completamente oscuro e mi trovavo al centro di un'oscurità avvolgente. Sentii freddo ai piedi, tutto d'un tratto e istintivamente portai lo sguardo verso il basso senza però poter vedere nulla se non l'oscurità padrona. Il freddo divenne umido, dovevo essere in acqua o comunque in un liquido che continuava a salire. La sensazione che provai era quella della totale e incontrollabile impotenza, io, un Rarglove, in balìa degli eventi senza poter opporre alcuna resistenza, mi trovavo in mezzo al nulla con un liquido indefinito che mi stava per sommergere del tutto.
Superò il collo, io trattenni il respiro.
Provai a nuotare per galleggiare ma niente.
Sentii di perdere le forze,
di perdere la vita.
Io, un immortale figlio di Jashin.
Mi svegliai di nuovo, era mattina inoltrata se non di più. L'odore dei cadaveri era divenuto insopportabile e vi era anche qualche insetto che iniziava a banchettare in quel buffet di morte che avevo apparecchiato. La bocca era secca, i muscoli intorpiditi al punto che perfino alzarsi divenne difficile. La veste si staccò lentamente dal pavimento, il sangue si era seccato incrostandosi all'aria e la cosa divenne quasi disgustosa perfino per uno come me, che aveva addobbato quel tempio. Feci qualche passo, ma inciampai nel bracci di uno dei cadaveri ricadendo in ginocchio, vicino alla falce.
❝Cosa cavolo mi succede ...❞
Afferrai la falce, e notai una completa assenza di forze nella presa dell'elsa, al punto che non riuscivo a sollevarla. Se qualcuno mi avesse trovato in quello stato, in quel luogo, avrebbe potuto fare di me qualsiasi cosa dato che non avevo possibilità di difendermi. Dopo svariati tentativi riuscii ad alzare la falce da terra per poi appoggiarla a una spalla, le braccia non riuscivano a tenerla, dovevo quindi fare affidamento sulle gambe. Mi rialzai di scatto e la cosa non fu affatto piacevole, infatti appena mi misi in posizione eretta, barcollai sul posto, privo di qualsivoglia equilibrio. Mi lasciai cadere su di una parete, così da rimanere impiedi e abituarmi all'idea di essere in quello stato.
Riuscii, molto lentamente a spostarmi tra i cadaveri, mentre ogni passo faceva un rumore infernale a causa del sangue appiccicoso su tutto il terreno. Il ronzìo delle mosche sui cadaveri, degli uccellini fuori dal tempio, era insopportabile ma la luce del solo scaldò per un attimo il mio corpo dandomi un pò di sollievo. Dovevo esser svenuto per un intero giorno, dal momento che il sole era calante, la luce calda dell'esterno mi rimise letteralmente al mondo ma i capogiri e la debolezza erano sempre più forti. Almeno adesso riuscivo a muovermi, o meglio a trascinarmi, e nel farlo getta un ultima occhiata a quell'ammasso di mattoni che componeva quel tempio. Cosa diavolo mi era successo? Cosa mi avevano inettato? Domande senza risposta, per ora.