Crisi ?!, Two One Post - Sky

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†DeStRo†
view post Posted on 1/8/2012, 09:08




CITAZIONE
Allora Ecco come ho pensato di strutturare il tutto.
Ti do la traccia iniziale, la sviluppi, e ti do i risultati parziali. Quando poi sei pronto riprendiamo questa post dove inserirò la seconda traccia e così via.
Per quanto riguarda la prima traccia io ti dirò lo stretto indispensabile, non xk non ho voglia di inventare particolari o altro, ma per il semplice fatto che opreferisco che sia tu ad inventare, per vedere fin dove puoi spingerti. Ovviamente, trattandosi di un mezzo di trasporto, le missioni saranno abbastanza difficili.

_________.-Crisi!-._________



Water Seven, la città dei carpentieri per eccellenza. Cantieri e costruizioni che vanno oltre l'umana comprensione, al fine di rendere l'isola più vivibile per tutti, e creare un clima ove non vi siano conflitti e i cittadini possano vivere in pace.
Nonostante i tentatativi della marina di mettere le mani sulle conoscenze e sul sapere dei mastri carpentieri, al fine di ottenere non solo ottime navi da guerra, ma anche armi oltre l'umana comprensione, la cittadina si è sempre dichiarata neutrale ed ha sempre rifiutato ogni proposta, offerta o minaccia.
Al contrario, i carpentieri sono sempre stati al servizio di chi fosse disposto a sborsare una cospicua somma di denaro. E' risaputo, ifnatti, che l'espansione di una cittadina costa molto denaro e, francamente, al sindaco della città non importava se questo provenisse da mani sporche di sangue o insaponate nella fiaba della giustizia!
Eppure nonostante la neutralità e i tentativi di costruire una cittadina che viva in un clima di pace e prosperità, il male trova comunque dei canali dove diramarsi.

Traccia:
Decidi tu come cominciare. Cosa fai, dove sei ecc ecc... francamente non mi interessa! Quello che voglio è che tu trova una scusa plausibile per recuperare sia i proggetti del tuo mezzo di trasporto che un passaggio fino a Water Seven, Isola situata in mezzo all'oceano. Giunto li, delle guardie ti sbarrano la strada. Sembra che la città sia in crisi e non vi sono ingressi o cancelli che sia possibile attraversare.

"Nessuno entra, nessuno esce".

Questo, in parole povere è quello che ti dicono. tentare di combattere è inutile. ti troveresti immediatamente contro l'esercito dell'intera isola. Per questo motivi devi trovare un modo per entrare in città inosservato. Una volta entrato, cercando di evitare i tumulti che sono sparsi nella città a causa delle guardie, devi trovare il cantiere navale e dirigerti li. Quando vi arrivi non vi trovi nessuno ma ecco che, mentre vaghi per il canitere un carpentiere ti aggredisce. Non ha nessun potere ma è energia verde con il controllo dell'elemento terra.
Combatti contro l'uomo senza uciderlo e alla fine gli spieghi chi sei e cosa vuoi. Lui rifiuta, spiegandoti che il capo-carpentiere è stato rapito e che la colpa sia, apparentemente, dei pirati.
In mente pensi solo ad una cosa: niente capo-carpentiere niente mezzo di trasporto e, perciò, ti offri di dare una mano alla ricerca. Ma stai attento! Se mentre sei in giro vieni notato dalle gtuardie, saresti subito arrestato.

E ciò è proprio quello che accade. Vieni arrestato e deportato in un accampamento proprio fuori la città. Qui, dopo gironi di prigionia, senti un discorso di un uomo che, anche sotto minaccia e percosse, si rifiuta di costruire armi per l'ersecito. Incuriosito da questa discussione, decidi di ritardare la fuga. Continui ad origliare scoprendo che si tratta proprio della persona che stavi cercando.

Cerca un modo per liberarlo e tornare al cantiere. Se decidi di combattere ti ritroverai contro 15 soldat semplici armati di fucile, 3 teneti energie gialle ed elemento a scelta, 1 capitano energia verde come frutto a scelta (che non sia inutile come il mimo mimo).

~•~

Come vedi ti ho dato solo le linee generali. Se ci sono errori ti chiedo scusa ma non posso ricontrollare il post perché sono in ufficio. Eventuali dubbi manda un Mp. Non ti do un limite di righe poichè, a quanto vedi, c'è tanto da scrivere. Bood Game.

 
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..::Sky::..
view post Posted on 2/8/2012, 17:48




CRISI

crisi

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ATTO PRIMO: SAWDUST

" E’ UNA FOLLIA !!! COME SI PERMETTONO DI CHIUDERCI LE FRONTIERE DA UN GIORNO ALL’ALTRO !!! QUESTO E’ UN EMBARGO BELLO E BUONO !!! "



L’ Hokage era furioso.
Alcuni dei responsabili del commercio import/export da e verso Konoha l’avevano avvertito che, da ormai una settimana, tutti i contratti con Water Seven per l’acquisto di attrezzature e la vendita di materie prime erano stati sospesi fino a data da destinarsi su decisione irrevocabile del Governo che, arrogante come suo solito, non si era neanche preoccupato di rilasciare una comunicazione ufficiale con un qualche tipo di, ovviamente falsa, scusante.

Mi trovavo nella sala di aspetto esterna al suo ufficio, assieme ad altri due shinobi e ad un tizio molto elegante sulla quarantina; Sicuramente non un ninja, forse un rappresentante commerciale con un pessimo senso del tempismo.

Passarono circa venti minuti tra urla e minacce dopodichè il portono che collegava l’ufficio alla saletta si spalancò in modo piuttosto violento mostrando per prima la segretaria del Kage che, piuttosto stranita faceva segno con la mano di accomodarsi fuori agli attuali ospiti. Tutto ciò mentre, ovviamente, il vecchio continuava a urlargli contro sbraitando dalla sua sedia di legno scricchiolante.

Da scaletta, eravamo tutti e quattro assieme, ed eravamo i prossimi … quando si dice la fortuna …

" NO NO NO NO, NON HO TEMPO PER QUESTO ADESSO ... "



Sbraitò il Kage verso l’assistente.
Prima ancora di sederci fummo riaccompagnati all’uscita; Un altro pomeriggio perso …

" … anzi, aspetta ... "



Sollevai il sopracciglio destro e come tutti gli altri, assistente compresa, mi voltai per capire se stesse parlando con me.

" No, voi no, Jack, siediti, forse ho una cosa per te ... "



Da quando avevo lasciato l’accademia di tiro ero diventato Jack, non ho mai speso del tempo per capire quale fosse il collegamento logico, forse si ricordava solo che avevo un nome simile a “Giacomo” e per non sbagliare mascherava il tutto con un mix tra soprannome ed ironia …

Le porte si chiusero alle mie spalle e rimasi da solo seduto difronte alla scrivania con l’immancabile assistente pronta a prendere appunti su qualunque follia partorita da quel rudere: tolsi il cappello e usandolo come sacchetto lo appoggiai sull’altra sedia al mio fianco e lo riempii con i RayBan, le sigarette alla liquirizia e una bottiglietta d’acqua che avevo comprato durante l’attesa.

" Come avrai sentito, sono appena stato informato di alcuni … grossi … problemi nelle transazioni commerciali con Water Seven... "



“Ho Sentito” risposi velocemente.

" … ecco, per farti capire l’importanza della faccenda devi sapere che il nostro punto di forza nel commercio esterno al villaggio è il pregiatissimo legno delle nostre foreste. Di questo oltre il 60% viene acquistato dalle aziende di artigianato di quell’isola... "



Feci cenno di sì con la testa, in realtà non ne avevo idea, nè mi interessava.

" Capirai quindi come è fondamentale che qualunque cosa impedisca il prolungarsi dei nostri contratti di fornitura su Seven debba cessare il più preso possibile, per non dire immediatamente. Come se non bastasse poi questo mese avrebbero dovuto fornirci tre nuovi mezzi che avremmo utilizzato proprio per incrementare i viaggi commerciali con loro ... "



Iniziavo ad annoiarmi davvero, trattenevo gli sbadigli ma l’impresa stava diventando eccessivamente impegnativa.

" … una era la Sawdust una mititrebbia modificata per sminuzzare il legname in segatura ... "



Cosa diavolo mi stava raccontando ?!

" … il secondo era Tru-n-ck un camion dedicato al trasporto di tronchi interi di dimensioni colossali ... "



Penso che il desiderio di morte immediata ormai trasparisse senza esitazioni dal mio volto ...

" … e l’ultimo, Shciak, il più grande IDROVOLANTE mai costruito, che avremmo utilizzato per il trasferimento dei futuri mezzi da Water Seven a quì ... "



Mi si illuminarono gli occhi. Ero suo, da quel momento poteva chiedermi qualcunque cosa.
Quel maledetto vecchio, ormai avviato verso il crepuscolo, sapeva ancora come colpire nel segno.
Sapeva della mia passione smoderata per gli idrovolanti da quando, fingendomi un allievo della suola di volo, avevo provato a rubarne uno dalla flotta militare di Kiri …

" Se per te và bene ti manderei immediatamente sull’isola a verificare quali siano i problemi, nel mentre prenderò contatto con il nostro Astro di riferimento così da capire se la versione che mi riporterai sarà la posizione ufficiale del Governo, o se ci stanno, per l’ennesima volta, prendendo in giro ... "



Un cenno con la testa e l’assistente aveva già impilato sul tavolo tutti i documenti, le carte, i progetti ed i contratti attivi con la mia destinazione, non avevo ancora risposto, ma lui ben sapeva che non mi sarei mai rifiutato …
Così come sapeva che gli avrei rubato l’idrovolante utilizzando qualche scusante interna alla missione.

" Signora, accetto con piacere, posso partire subito ? "



Fece un cenno con la testa e chiese all’assistente di organizzare un aggiunta all’equipaggio di una delle navi da trasporto in partenza dal porto.
Sapevo che la nave non sarebbe stata autorizzata a sbarcare ma il mio interesse mi portava solo al suo utilizzo fino al molo del porto dell’isola, da lì in avanti me la sarai vista da solo.

ATTO SECONDO: CAP

Arrivai al porto non più di trenta minuti dopo, gli intel forniti dal Kage per la missione erano praticamente nulli ma tra questi mi era almeno stato detto che sull’isola il clima, metereologico oltre che quello sociale, non era dei migliori.
Dal fornitissimo retro di Gippy recuperai quindi una mantellina con cappuccio (link), lasciai il cappello e imbracciai il fucile stringendolo lungo la colonna vertebrale, così da nasconderlo alla vista di eventuali controlli; Indossai gli immancabili RayBan e posizionai nelle tasche del giubbotto, non occupate da shuriken e kunai, una carta bomba ed un caricatore di riserva.

*10 colpi … se li finisco o siamo in guerra … o sono morto ...*



Uscii dalla porta sul retro e chiudendo Gippy infilai le chiavi nella tasca fronte-cuore del giubbotto verificando con l’altra mano e gli occhi chiusi il corretto posizionamento di tutto l’equipaggiamento, là dove ero abituato a trovarlo. Era una procedura di routine, avevo imparato ad eseguirla in accademia, si perdevano 10 minuti ma in combattimento potresti non avere il tempo per pensare in che tasca avevi posizionato quel caricatore o quei tre shuriken di riserva.

Indossai la mantella e camminai lungo il molo con in mano il foglio su cui mi ero appuntato le caratteristiche della Nave che mi avrebbe ospitato, paradossalmente era costruita proprio a Water Seven e proprio con il legno di Konoha, si chiama “Sea Far”, un gioco di parole che nella mente del suo armatore stava ad intendere “So Far”, una nave che sarebbe andato davvero lontano.

La trovai rannicchiata dietro ad un colossale incrociatore della Marina, fermo probabilmente per ricerche su qualche criminale avvistato nel villaggio.
Il confronto era disarmante ma per quello che era il mio scopo una nave cargo solitamente utilizzata per il trasporto di piccoli carichi di frutta sarebbe andata più che bene, anzi tanto era meno appariscente, meglio era.

Ad aspettarmi accanto alla nave trovai l’equipaggio al completo: Akito, responsabile della merce trasportata, fù il primo a stringermi la mano, Nurama, il capitano (navigatore, pilota, cuoco e carpentiere) seguì a ruota. Si bhè erano solo due ...

Fatte le presentazioni, il boss chiarì subito che erano stati informati di tutto e che la nave “e tutti gli uomini dell’equipaggio” (non dimenticherò mai quella frase) erano a mia disposizione; Simpatia a parte, Nurama in realtà era un capitano piuttosto conosciuto nell’ambiente mercantile di Konoha, da solo era riuscito a riportare in porto un veliero a 3 alberi e per salvare una turista dal rapimento da parte di alcuni pirati aveva sacrificato il braccio sinistro in combattimento.

Salii sul ponte della nave e sdraiandomi sul cornicione opposto all’ingresso mi poggiai con le spalle contro la parete di legno che delimitava la zona coperta delle cabine della nave.
Estraetti i fogli con gli appunti che mi ero fatto dare su water seven e voltandomi verso il capitano, appena salito a bordo, lo incoraggiai a partire appena possibile.

Mi rispose affermativamente con la testa.
Io incominciai a leggere.
Il viaggio totalmente tranquillo e l’andatura, un pò per il vento a favore, un pò per le ridotte dimensioni della nave, fù più che soddisfacente; Mi svegliai quando mancavano non più di dieci chilometri alla costa, il sonno non mi mancava ma le nuvole avevano preferito avvisarmi di mettermi al riparo con una leggera pioggerellina di avvertimento.

Ogni cinquecento metri si poteva percepire un netto cambiamento nella quantità d’acqua in caduta, le nuvove poi passarono da bianche e serene a gonfie, grigie, basse e minacciose; La mia fortuna con il clima in missione non era mai stata un punto su cui fare affidamento.
Quando attraccammo la pioggia era così forte da costringere il capitano ad accedere le luci di manovra e, a guardar bene, addirittura i lampioni della città erano accesi nonostante fossero solo le due del pomeriggio.

Mi diressi verso la cabina per discutere con Nurama sulla loro attesa durante la mia permanenza sull’isola, non feci però in tempo a entrare in cabina che Akito chiamò a gran voce il capitano ostentando una certa urgenza...

" Cap -così akito soprannominava nurama- ci sono due marine che vogliono parlare con te ! "



Seguii “Cap” fino al bordo destro della nave e rimanendo in disparte assistetti alla conversazione tra lui e una delle due guardie addette all’accoglienza.

" Mi spiace capitano, ma come per tutti gli altri, devo avvisarla che è attualmente in vigore un ordine restrittivo per cui non posso farla sbarcare … "



Come da accordi Nurama chiese subito in tono cordiale e sorpreso se poteva attendere ulteriori istruzioni rimanendo sulla nave invece che fare dietro-front riprendendo il mare.

" Nessun problema, fintanto che rimane sulla barca può restare attraccato quanto crede, ribadisco però che non la posso autorizzare a toccare terra per alcun motivo. "



Il soldato squadrò con lo sguardo anche me a e Akito per far chiarezza sul fatto che tutto quello che aveva detto valeva anche per noi ….
Infilai una mano all’interno della mantella e il compagno della guardia chiaccherona mi punto gli occhi addosso avvicinando il pollice alla sicura del fucile che aveva attorno al collo.

Estraetti una sigaretta e lo fissai per osservare la sua reazione:
i muscoli dell’avambraccio, pronti a ruotare la canna verso di me, si rilassarono e in modo impercettibile un lievissimo sospiro attraversì naso e bocca facendo socchiudere per un istante gli occhi.

Dunque ricapitolando: errata impugnatura del fucile, sicura innescata, alta tensione e età media molto bassa per entrambi i marine.
Erano reclute.
E qualunque cosa fosse successa era abbastanza grave da obbligare il governo a mettere in campo le forze di difesa più vicine, anche fossero state reclute e novizi.

Se quello che avevo intuito era corretto molto probabilmente nè sapevano quanto me su quanto stava accadendo, ma tantovaleva provarci …

" Avete idea di cosa stia succedendo ? E’ la prima volta che veniamo bloccati al porto in anni di transazioni su questa tratta. "



Cosparsi le mie parole di irreale esperienza sperando che mangiassero la foglia.

" Sembra sia successo qualcosa ad uno dei capo-cantineri più anziani ma non sappiamo altro, appena avremo ulteriori notizie le comunicheremo con gli altoparlanti del molo. "



Era più di quanto mi aspettassi.

ATTO TERZO: L’ODORE DEL CIBO

Dopo la conversazione salutammo le guardie e ci dirigemmo verso la cabina, chiuse tutte le porte definii la situazione con i due marinai: una volta sceso dalla nave avrebbero dovuto negare in qualunque circostanza di avermi portato lì o anche solo di conoscermi, in caso non mi avessero visto tornare entro la giornata avrebbero poi dovuto far ritorno a konoha senza aspettare oltre. Se infine mi avessero visto combattere non sarebbero dovuti intervenire in nessuna circostanza.

Mi ero dato un codice molto semplice per l’intera durata della missione: nessuna perdita alleata, nessuna vittima sul posto e nessuna soluzione immediata. Il kage mi aveva ordinato di recuperare informazioni, il combattimento non era nei suoi piani e, visto il quantitativo di marina presente, neanche nei miei.

Chiarita la situazione mi tolsi la fascia di konoha dalla gamba e la affidai al capitano dicendogli, in caso avesse dovuto applicare una delle ipotesi di rientro anticipato, di consegnarla agli uffici del kage.

Perchè mi chiese lui …

" Perchè al governo non farebbe piacere sapere che konoha tenta di infiltrarsi in una struttura blindata ... "



Uscii dalla cabina sbuffando un pò di fumo alla liquirizia e notai che ero già a metà della sigaretta, quello era un altro trucco che avevo imparato in accademia: abituandosi a fumare in modo controllato è possibile utilizzare il consumo di una sigaretta come segnatempo ed il fumo come segnavento.

Riassumendo: ci stavo mettendo troppo.
Le nuvole che coprivano il sole facevano perdere la cognizione del passare dei minuti e dalla discussione con il plotone di accoglienza era già passata mezz’ora.

Salii sul punto più alto della nave nel modo più rapido possibile e osservai la planimetria del molo e il tragitto di ronda delle coppie di guardie, era piuttosto semplice:
Quel porto, essendo secondario e di minore importanza, contava solo 6 passerelle che si allungavano in mare a partire da una piattaforma di legno che collegava il mare alla struttura dell’isola, la porta di accesso dalla piattaforma all’isola era sorvegliata da tre guardie in posizione statica mentre due coppie di guardie pattugliavano la zona in movimento rimanendo però sempre e comunque sulla piattaforma principale.

Teoricamente quindi le passerelle non erano sorvegliate e, dato il blocco imposto, il numero di navi attraccate (ne contavo almeno venti) sarebbe stato un ottimo ostacolo per la visuale delle guardie.

Dalla punta dell’albero maestro mi tuffai in mare verso la parte posteriore dell’imbarcazione, la forte pioggia, il rumore del mare mosso e la distanza dalle guardie avrebbero coperto il rumore.
Grazie alla mantella nera rilevare la mia presenza in mare era praticamente impossibile, arrivai quindi facilmente alla parte terminale della passerella in assoluto più distante dalla porta di ingresso in città e anche se la piattaforma distava più di settanta metri da me attesi per verificare che la ronda fosse passata.

Quando le guardie girarono le spalle al mare lasciai il bordo della passerella tornando a pelo d’acqua e spostandomi verso l’esterno della nave più vicina iniziai ad arrampicarmi sulla catena che imbrigliava l’ancora: arrivato a circa metà verificai la presenza dell’equipaggio di quella nave e sicuro dell’assenza di personale dalla cucina alzai la finestra lasciata aperta per far fuoriuscire l’odore di cibo del pranzo da poco concluso.

Una volta all’interno utilizzai la lama di un coltello particolarmente grande per verificare la situazione della stanza accanto da sotto la porta: accertandomi del fatto che la luce fosse spenta, aprii delicatamente la porta. Si trattava di un corridoio che portava al magazzino e alle scale per il ponte superiore, ottimo.
Data la struttura della nave l’unica posizione rimasta per le cabine dell’equipaggio era dalla parte opposta alla mia e questo mi permetteva di procedere con il mio piano senza arrecar danni alle persone imbarcate.

Chiusi la porta e prendendo un borsa di plastica da sotto il lavello la attaccai con un elastico ad uno dei tubi delle bombole di gas presenti in cucina, aprii di pochissimo la valvola di rilascio e lasciai la borse appoggiata ad una sedia.
Con una seconda sedia ripresi posizione sul cornicione della finestra e appena fui sicuro di dove mi sarei potuto tuffare, accendetti lo zippo e lo lasciai appoggiato sulla sedia appena utilizzata in modo tale che la fiamma non toccasse nulla.

Appena trovato l’equilibrio dell’accendino mi tuffai in mare utilizzando il bordo della nave per darmi lo slancio.
Arrivai qualche minuto dopo sulla passerella numero uno, quella cioè più vicina al portone di ingresso. Utilizzando le strutture di metallo che tenevano in posizione il ponte di legno mi infilai nello spazio tra i mare ed il legno, al di sotto della passerella, e mi feci strada fino al bordo della piattaforma.

Una delle coppie di ronda passo a pochi metri da me discutendo sui turni che avrebbero dovuto fare il giorno successivo e sulla speranza di un cambiamento metereologico, non avevo di che preoccuparmi.

Secondo qualche calcolo approssimativo, la bombola avrebbe dovuto riempire la borse in circa quindici minuti ma a sensazione erano ormai passi oltre venti minuti, il mio piccolo scherzo era stato scoperto ?

* Sibilo crescente …. SBAAMM !! *



No.
Il metodo della borsa di plastica era ottimo in questi casi: quando il sacchetto è pieno la plastica scoppia, il gas tocca la fonte di fuoco e si incendia, la quantità di gas però è molto più bassa di quella di una stanza satura così, il fuoco viene sparpagliato per l’ambiente circostante, la fonte essendo a bassa pressione non ha ritorno di fiamma e il fuoco può propagarsi senza aver causato nessuna onda d’urto.

Mentre l’eco del piccolo scoppio di propagava attirando la coppia in ricoglizione più vicina il fuoco iniziava a prendere possesso della nave facendo sì che anche le restanti guardie si spostassero verso l’imbarcazione per valutare cosa fare dei marinai forzati a terra … era il mio momento.

Da sotto la passerella salii deciso sulla piattaforma, una delle guardie del plotone statico era però rimasta in posizione … merda !
Mi lanciai di lato dietro ad uno dei carri utilizzati per muovere le merci nel porto sperando di non essere stato visto, ma il rumore della mia caduta a terra era ben chiaro e il ragazzo si avvicinò sospettosamente.

Controllando la sua posizione dalle fessure tra le ruote, notai l’avvicinarsi del e prendendo il ritmo della sua camminata, accompagnai il suo passo girando a mò di nascondino attorno all’infrastruttura. La guardia fece un giro completo, ma prima che potesse tornare verso la sua postazione, lo doppiai e raggiungendolo da dietro con gesto rapido e capace andai con la mano sinistra ad infilarmi sotto la sua ascella fino ad arrivare alla sicura del fucile, tenuta in posizione quella avvolsi il restante braccio destro attorno a suo collo annullando l’apporto di ossigeno.
Bloccato e impossibilitato ad urlare diedi una forte ginocchiata contro la parte posteriore del suo ginocchio destro, che in quel momento era fulcro della sua gamba portante; Contemporaneamente intensificai la stratta sul collo e in una ventina di secondi la recluta perse i sensi.

Verificato il battito cardiaco dello sfortunato malcapitato utilizzai le manette che aveva in dotazione per bloccargli le mani al che gli sfilai i guanti e gli strappai la manica destra della giacca. Infilai il guanto sinistro in bocca e lo tenni in posizione legandogli la manica a mò di bavaglio.

Alzata la testa per verificare la situazione potei confermare a me stesso il via libera: con buona parte del servizio di sicurezza ancora impegnato sull’ormai domato incendio sollevai il corpo inerme della mia “vittima” e trasportato a spalla lo portai con me oltre la porta di accesso alla città.

ATTO QUARTO: VANGA

Ero dentro ma la mia presenza non era ben voluta, tantomeno mentre trasportavo un ragazzino svenuto sulle spalle. Dovevo liberarmene, in fretta.

Potevo ben distinguere almeno tre colonne di fumo differenti che si sollevavano dal quartiere in cui mi trovavo, negli eco che si propagavano rimbalzando sui canali grida e insulti si sprecavano e i rumori bassi e ovattati dei fucili ad aria compressa utilizzati dai marine per le rivolte erano ben distinguibili ad un orecchio che li conosceva.

Svoltai nel primo vicolo disponibile lasciando nel più breve tempo possibile la via principale e mi ritrovai in un passaggio pedonale largo non più di un metro incastrato tra due palazzoni. Notai subito il cassone della spazzatura ma il risuonante metallo di cui era composto mi fece rapidamente cambiare idea, meglio qualcosa che abbia forma diversa da una cassa di risonanza …

Avanzai per altri trecento metri e, mentre passavo per una piazzetta formata dall’incrocio di tre vicoli di dimensioni non diverse da quello da cui provenivo, notai che il rumore dei miei passi nell’acqua andava scemando: un tombino.

Poggiai a terra il corpo, e in modo più facile del previsto, probabilmente a causa dell’asfalto pesantemente rovinato, riuscii a sollevai il coperchio di piombo da terra: aprii quindi la giacca della guardia, confiscai fucile (ad aria compressa), un caricatore di riserva (da quindici pallettoni di plastica) e abbassandogli i pantaloni glieli legai molto stretti, utilizzando la cintura, alle caviglie, così da rendergli inutilizzabili anche gli arti inferiori.

Calai il corpo nella fogna verificando che non sbattesse la testa e che l’acqua fosse abbastanza bassa da permettere la respirazione dopodichè, risigillato il tombino, imbracciai sotto la giacca, accanto allo springfield, il nuovo giocattolo a piombini e mi allontanai in cerca di indicazioni.

Non feci più di un chilometro tra i budelli che notai sporgere da uno dei palazzi una scala anti-incendio che sembrava messa lì apposta per me: spostai indietro di qualche metro una bicicletta abbandonata e con un pò di equilibrio riuscii a sfruttare canna e manubrio per arrivare all’altezza della scala; Appeso con entrambe le mani diedi una botta di reni per riuscire a fare arrivare i piedi ai primi appoggi.

Arrivai in cima, dodici piani più in alto, circa sei minuti dopo.
Il fatto che quello fosse l’unico palazzo con la scala anti-incendio era un ottimo indizio sul fatto che fosse anche uno dei più alti.

Mi guardai attorno notando alla mia sinistra il percorso che avevo fatto per arrivare fin lì, la mia destra era invece occupata da altri quartieri residenziali che sembravano popolarsi di luci e abitanti quanto più ci si avvicinava al centro dell’isola; Dietro di me, non oltre i cinquecento metri in linea d’aria vi era il mare, infine, difronte a me, si sviluppava il canale principale, utilizzato dai carpentieri per spostare su via fluviare i materiali da un punto all’altro della città.

Infilai la mano destra all’interno della mantella e raggiunto il mio fido compagno, con sapiente gesto rotativo del polso, generai il sonoro “Clack” proveniente dal meccanismo di sgancio del mirino dal corpo del fucile: utilizzando lo strumento a mò di binocolo osservai entrambi gli estremi del fiume artificiale. Sembrava che ad est, alla foce, ci fossero le aziende di trattamento delle materie prime che poi, sfruttando la corrente naturale dovuta alla leggera pendenza, venivano inviate ai giganteschi cantieri ad ovest dove materiali e pezzi venivano assemblati e fusi fino a formare l’opera completa.

La guardia, al molo, aveva parlato di uno dei “capo-carpentieri”, erano quindi i cantieri il posto da cui partire, ovest la direzione da prendere.
“Clack”, il mirino riprese la sua posizione e io mi avviai verso destinazione passando dai tetti.

Esclusa la discesa, coadiuvata ancora una volta dalle scale, dal primo palazzo, il tragitto fù quanto di più semplice si potesse sperare: gli edifici, più o meno eguali in altezza, erano tutti ben costruiti e i loro tetti, quasi tutti piatti per accogliere strutture quali merli e gru, davano l’idea di essere costruiti per non rendere eccessivamente difficile il passaggio di persone. Era da quei dettagli che si poteva affermare che la cultura artigianale del posto era davvero qualcosa di unico.

Sorpassai l’ennesimo tetto e prima di arrivare al successivo notai che i due erano collegati da un insegna metallica ad arco riportante la scritta “Shipyards”; Saltai su un palo della luce e avvinghiandomi in stile koala mi lasciai scivolare fino a terra.

Girai quindi per qualche minuto nella zona cercando di restare nelle zone d’ombra proiettate dai fasci di luci arancioni che costellavano l’esterno dei cantieri e notai l’assoluta desolazione. Ad occhio, oltre a me, in quel quartiere, non vi era anima viva.

Decisi quindi di scavalcare i cancelli di quella che mi sembrava la costruzione di maggiori dimensioni e mi intrufolai fino all’interno degli enormi hangar dove prendevano forma i progetti …

" WAAAAAAAAAAAAAHHHHHH !!!! "



Un massiccio urlo di rabbia in arrivo da sinistra …
Dandomi uno slancio all’indietro mi voltai verso la sorgente distinguendo un personaggio di dimensioni enormi che mi veniva incontro brandendo una vanga.
Gli occhi scattarono sui sui vestiti per una analisi veloce dell’equipaggiamento, la cintura per tasche o fasce per marsupi, le spalle per eventuali tracolle, le gambe per supporti secondari, le mani per valutare potenza e conoscenza d’uso dell’ … arma …

Potente, proporzionalmente più lento di me, esperto nell’uso della vanga, impreparato al combattimento, non concentrato, molto arrabbiato: riassumento pericoloso.

Mentre correva sganciò il primo colpo a terra, come urlo di guerra, per dimostrare la sua forza ed intimorirmi; Il colpo fù infatti molto forte, oltre la normale tensione muscolare, doveva essere motivato a sospinto da una qualche credenza che mi posizionava come nemico piuttosto che come sconosciuto potenzialmente pericoloso. Sicuramente non combatteva per auto-difesa.

Scansai qualche colpo grazie all’agilità concessa dalla diversa dimensione del mio corpo ma eravamo entrambi a conoscenza che non sarei potetuto andare avanti più di tanto con quel metodo; Schivato un colpo alto mi ritrovai quindi a far equilibrio sulle punte dei piedi in pieno stile matrix, l’energumero scaraventò però la vanga a terra e con percorso opposto mi costrinse ad alzare anche le gambe. Schiena a terra.
Alzò di scatto il manico verso l’alto e dando il via libera a bicipiti e tricipiti fece iniziare alla vanga la traiettoria discendente verso il mio torace … prima però che il metallo arrivasse a destinazione alzai il braccio destro e lo posizionai in traiettoria ….

* SDENG ! *



[ TECNICA DEL BRACCIO DI ROCCIA - chakra 18/20 ]



La vanga rimbalzò contro il mio braccio rinculando di qualche centimetro ed incrinandosi per la potenza scaricata, il volto dell’uomo si crucciò in un espressione di stupore; Sfruttando quell’istante concessomi dall’effetto sorpresa, distesi il braccio e lo allungai fino ad arrivare al collo del mio avversario.

[ PIETRIFICAZIONE - chakra 14/20 ]


Ritirai il braccio e mentre la carne tornava a sostituire la roccia mi spinsi lontano di qualche metro scivolando sul pavimento, una capriola rovesciata ed ero nuovamente in piedi.
Al contrario e contemporaneamente la pietrificazione si era propagata, le ginocchia cedettero e quel bisonte, come sedato, si riversò a terra senza riuscire neanche a posizionare le braccia per riparare la faccia dalla caduta.

* Sospiro *



Recuperai dal pavimento, poco distante dal mio aggressore i RayBan che avevo perso nella colluttazione e me li posizionai sul volto, estraetti una sigaretta e, prima che le anche le ultime falangi dell’indice e del pollice tornassero di carne, le sfregai per dare la scintilla e accendere il bracere alla liquirizia.

Mi sedetti accanto al corpo del tizio a gambe incrociate e dopo averlo fissato per almeno trenta secondi buoni decisi cosa dire.

" … mi chiamo Giangiacomo, sono un ninja della foglia, inviato in ricognizione dall’hokage per capire cosa stà succedendo su questa isola ... "



* Tiro di sigaretta *



" … la situazione è questa, sei libero di crederci o non crederci, ma se deciderai di credermi penso di potervi aiutare ad uscire da questo casino ... "



Attesi qualche minuto rimanendo impegnato e concentrato solo nel gusto del fumo.

"Cosa ti fà credere che non sia io il problema, quello che tutti cercano ?"



Mi chiese, risposi:

"Un metro e novanta, corporatura robusta, una gran forza dominata da un’eccessiva lentezza, impugnatura esperta su una vanga, nessun volontà di utilizzo dell’effetto sorpresa, urla a gran voce all’interno di strutture propense all’amplificazione … anche con le reclute in opera, se fossi tu quello che cercano a quest’ora ti avrebbero trovato … e poi vestiti sporchi e logori, calli alla base delle dita dovuti ad attività ripetute di spinta, traino o sollevamento, conoscenza di validi nascondigli in un ambiente così ampio … tu, quì, ci lavori … e pure da tanto !"



Con una forza sovraumana riuscì a voltare il collo verso di me.

"E allora come sò che non sei tu, quello che cercano ?"



Lo fissai per qualche secondo, tirai l’ennesima boccata e soffiando il fumo verso l’alto risposi ….

"Respiri ancora … "



ATTO QUINTO: BLUEPRINT

A guardarlo negli occhi era immediatamente chiaro che ero stato convincente e prima ancora che potesse darmi conferma verbalmente appoggiai una mano sulla sua schiena e rilasciai la tecnica della pietrificazione.

Un gemito di dolore gli uscì dalla bocca seguito da grandi boccate d’aria e una ventina di secondi di respirazione affannata; La tecnica era sciolta ma il suo organismo aveva bisogno di qualche istante per riprendere coscienza del vero peso di organi, muscoli e ossa.

Finii la sigaretta e incastrandola tra il medio e il pollice la lanciai verso l’esterno del capannone, dove, imperterrita, la pioggia, non accennava ad attenuarsi; Nuka, così scoprii che si chiamava quella bestia di individuo, riuscii infine a sedersi e bevendo un sorso d’acqua da una bottiglietta che teneva nella tasca superiore della camicia (camicia che per la cronca, ero convinto, date le dimensioni, fosse nata come tenda per baite) iniziò a spiegarmi.

" Radon, il nostro capo carpentiere, uno dei migliori al mondo, è stato rapito da quelli che la marina ci ha riportato essere pirati tristemente noti per questo tipo di attività. Da quando è successo non solo la nostra azienda, ma l’intera isola è stata messa sotto legge marziale, il coprifuoco è attivo venti ore al giorno ed ogni attività commerciale è sospesa per un tempo indeterminato. Nessuno ha voluto spiegarci il perchè di queste misure, anche perchè in giro si vedono solo ragazzini appena capaci di impugnare un fucile, nessun alto grado, nemmeno nei sobborghi più ricchi … non abbiamo idea di dove sia l’alta gerarchia, non sappiamo dove sia Radon, non sappiamo il perchè siamo in un ambiente contenitivo e non sappiamo neanche quando potremmo tornare a lavorare ... "



Scoppiò in lacrime …

" … NON SAPPIAMO NIENTE !!! "



Ero incazzato nero.
La storia dei pirati non mi aveva neanche sfiorato, tutta la faccenda trasudava dell’arroganza tipica di quella mente malata del governo e di quella del suo cieco braccio militare.

Mi alzai in piedi e strappata la mantella recuperai dalla sua tasca interna il progetto di Shciak.

" Tieni ! "



Tesi il braccio consegnandogli il progetto …

" … pensa ad un bel colore, perchè quando ti riporterò Radon, questo dovrà essere il primo progetto su cui lavorerete !! "



Smise di colpo di piangere e infilò le blueprint dell’idrovolante nella tasca dove prima trovava residenza la bottiglia d’acqua. Prima che potesse dire qualunque cosa mi girari e mi avviai verso l’esterno del quartiere lasciando davanti a lui praticamente tutto il mio equipaggiamento, compreso lo Springfield e il fucile rubato alla guardia.
Una volta sotto l’insegna “Shipyards” tolsi i RayBan e pulirli utilizzando la base della maglietta, me li reinfilai e tempo dieci secondi erano di nuovo zuppi.

* Fanculo *



I miei piani per l’immediato proseguimento della missione erano piuttosto facili da portare a termine e, se avevo ragione, non mi sarebbe costata alcuna fatica l’attività di ricerca.

Tornai sulla riva del canale principale, questa volta con gli stivali ben piantati a terra, iniziai a camminare lungo il fiume con le mani in tasca e dopo oltre 4 chilometri di indisturbato vagare, finalmente, una pattuglia mi avvistò. Erano quattro ragazzini, forse uno un pò più grande degli altri, ma sicuramente tutti non oltre i venticinque anni.

" FERMO !! IN GINOCCHIO, MANI DIETRO LA TESTA !! "



Alzai verso il cielo entrambe le braccia mentre il più lento di loro non aveva ancora rimosso la sicura, era una situazione al limite del ridicolo.
Sotto tiro da oltre due minuti e già dichiarata la resa il plotone non si avvicinò neanche quando mi fui girato di schiena allungando verso il culo i polsi per farmi ammanettare …

" Sentite, facciamo così, tiratemi un paio di manette, io me le metto e voi mi venite a recuperare ... "



Con espressioni piuttosto incredule accettarono la mia offerta e tirandomi un paio di braccialetti argentati io tenni fede alla parola data; Bloccato con le mani dietro la schiena divennero subito molto più sbruffoni ed avvinandosi iniziarono a strattonarmi e a spingermi verso quella che speravo fosse la mia meta … il più “anziano” del gruppo decise per farsi bello davanti agli altri di provarsi i miei occhiali.

Appena se li mise notò che lo fissavo e ostentando un sorriso non più tanto divertito li riposizionò dov’erano optando per una paraculata a base di “Ma sì, tieniteli che mi fanno cagare !”.
Ricordo di aver camminato, scortato, per almeno quattro chilometri, essere salito su una jeep willis militare ed essere stato condotto fino ad una specie di palestrato vestito da gelataio riportante almeno il triplo dei gradi dei ragazzi della mia scorta.

Si presentò tirandomi due schiaffi, chiedendomi come mi chiamavo e che cosa ero lì a fare …

Andò avanti per almeno quarantacinque minuti, dopodichè, esausto e senza risultati mi mincaccio con la pistola di ordinanza … nulla, decise di colpirmi con il calcio dell’arma … buio.

ATTO SESTO: PER CONTO DI STRASS

Mi risvegliai venti ore dopo in quella che aveva tutta l’aria di essere una delle peggiori celle di isolamento mai viste: il pavimento era immerso in 4 centimetri di acqua stagnante e in uno degli angoli un topo galleggiava circondato da una schiuma bianca poco invitante. le sbarre erano sostituite da un blocco di metallo senza aperture, nessuna finestra e un clima afoso e olfattivamente disgustoso.

Mi misi in piedi cercando di non vomitare e appoggiando la fronte sul metallo della porta mi passai le mani sul volto per verificare sensibilità e integrità dei muscoli della faccia, a quanto pare però ero stata solo una bella botta, nulla di più.

Ripresa appieno la coscienza della situazione le mie preghiere, per quanto particolari queste fossero, erano state esaudite: il gigantesco simbolo pressofuso sulla lastra di metallo della porta della cella riportava “WL7” o per dirla estesa “WALL SEVEN”, quello che si poteva definire il quartier generale della marina dopo l’insediamento massivo del governo sull’isola.
Se Radon era trattenuto da loro, doveva essere all’interno di quella struttura.

Passai la mano sinistra tra i capelli per tirarli lontano dagli occhi, appoggiai la destra al muro e scrocchiando il collo verso destra ci camminai dentro.

[ POLVERE - chakra 13/20 ]



Girai l’intera struttura in circa quattro secondi e recuperati i RayBan dall’ufficio del bestione che mi aveva sdraiato mi infilai là dove tutte le porte erano sigillate, stanze di deposito armi, camere per le torture, sale interrogatori, sale per le comunicazioni con le altre stazioni governative e infine le mie preferite, le bumpy rooms.

Il termine stà ad indicare quelle celle di detenzione studiate per far sì che gli occupanti non si possano far del male neanche sbattendo contro le pareti (ricoperte da cuscini bianchi soffici e giganti); Queste, che al primo sguardo potrebbero sembrare addirittura confortevoli, erano utilizzate su quei soggetti che dovevano essere “lavorati” psicologicamente, o per dirla facile, per quei detenuti che per conoscenze o capacità dovevano essere convinti “con le buone”.

Mi soffermai intere ore su quelle due stanze, tornando di tanto in tanto nella mia cella per valutare se ci fossero stati di problemi o se avessero lanciato l’allarme per la fuga. Per la conferma del motto “chi la dura, la vince” circa tre ore dopo la mia prima visita, uno pischiatra del governo entrò nella stanza della donna chiedendogli se aveva cambiato idea sulle armi e, nel caso, cosa volesse da mangiare … lei rimase in silenzio per alcuni secondi, dopodichè il medico inizò a leggere dal suo bloc notes un interminabile menù completo di tutte le migliori specialità, dai primi di pasta, alle carni per finire con paste e gelati.

Terminata la lista delle oltre settanta specialità culinarie la stanza ripiombò nel silenzio, l’uomo appuntò qualcosa sul blocco e lasciò la stanza con un sonoro “puttana !”.

Obiettivo trovato, ora bisognava portarla via.

[ SCISSIONE - chakra 12/20 ]



Gian raggiunse quindi la zona detentiva “standard” a si mise in posizione nel muro alla spalle dell’addetto alla sicurezza delle celle, Giacomo invece dopo essersi assicurato che la donna fosse Radon chiedendogli chi fosse Nuka, oltrepassò il muro raggiungendo l’esterno della bumpy room dove la leva di sblocco della porta era molto più facile da raggiungere.

{ Giacomo: Sei pronto ? }
{ Gian: Quando vuoi ... }
{ Giacomo: Vai, ora ! }



Gian uscì dal muro fino alla vita e dopo aver sbattuto la testa dell’addetto sul muro per stordirlo, trascinò tutte le leve sullo sgancio delle sicure e sull’apertura delle celle, prese poi le chiavi dalla cinta del bell’addormentato e le lanciò ai primi balordi che si erano lanciati fuori dai loro monolocali 4x4.

Appena la parete di sbarre fù aperta i “residenti forzati” ebbero il via libera, Gian tirò un pugno al pulsante dell’allame e iniziò a svestire il marinaio di giacca e pantaloni; Il sistema di emergenza avviò la chiusura forzata delle celle che, a quel punto, era totalmente inutile inutile. Pochi secondi dopo lo strano verso del lumacofono/sirena si diffuse in tutta la struttura.

Con buona parte delle truppe impegnate nel rincorrere i fuggitivi Giacomo abilitò l’apertura anche della cella di Radon ed aiutandola ad uscire noto che era fisicamente incapace di farcela da sola; Bisognava portarla fuori di peso.

Mentre Giacomo vestiva la donna facendogli indossare i suoi jeans e camicia, Gian uscì da un muro indossando la tenuta da marinaio rubata all’addetto della sicurezza. Completata la vestizione di Radon Giacomo si alzò togliendosi i RayBan e con la sovrapposizione a Gian tornai ad essere un unico corpo. Posizionai gli occhiali in una delle tasche della giacca e ...

* Showtime ! *



Legai le manette ai polsi della donna, gli dissi di agitarsi il più possibile e caricata in spalla iniziammo a correre verso l’uscita.

" TACI TROIA !! ORMAI TI HO PRESA !! "



Mi guardavo bene da ogni volto familiare e con aria convinta arrivai fino al corridoio principale dove il caos generato dalla fuga stava facendo correrei i marinai come criceti in gabbia.
Fermato un paio di volte lungo il tragitto millantai di aver recuperato quella fuggitiva su ordine urgente e diretto del vice-capitano Strass (che era gelataio che mi aveva sdraiato con il calcio della pistola all’arrivo a Wall Seven, il nome l’aveva letto Gian sulla targhetta identificativa, il grado l’aveva tradotto Giacomo dal simbolo cucito sulla manica della giacca).

Tra la confusione, il vestito, la conoscenza dei nomi, e forse anche la pioggia, riuscimmo a cavarcela e a raggiungere il cancello di uscita dove era ovviamente presente proprio il mio amico schiaffeggiatore.
La presi larga e per evitare sguardi di particolare attenzione da parte del vice, scusandomi con radon la scaraventai oltre il muro cercando di essere il più delicato possibile ben sapendo che oltre il cornicione c’era un metro e ottanta di caduta seguito dal ruvido asfalto del parcheggio.

Liberato del pacco riportante la scritta “Guardatemi sono un fuggitivo” mi avvicinai al gruppo di marine radunati per organizzare le riceche e attesi fin quando Strass sciolse i ranghi; Mano destra sull’attenti e un forte “SISSIGNORE !!”.
Appena le truppe iniziarono a disperdersi mi unii ad un gruppo che stava uscendo e oltrepassate le mura deviai per andare a recuperare il .. pacco.

La sollevai di peso fingendo che mi fosse caduta mentre si agitava e ricoperto di insulti la caricai alla meglio su una delle jeep che, accese e con pilota a bordo, aspettavano commilitoni per partire in escursione. Il nome di Strass mi permise anche questa volta di arrivare fino a qualche chilometro di distanza, dopodichè decisi che eravamo uno di troppo, tirai un destro secco alla mascella del pilota e impugnai il volante con la mano sinistra.
Pochi metri più in là passai dal lato del guidatore e ravanando nelle tasche recuperai i tanto amati occhiali, li infilai alla orecchie e monitorando gli spostamenti delle altre pattuglie con la radio di bordo tornai agli “Shipyards”.

Se aveva seguito le mie direttiva Nurama aveva già riportato la Sea Far a casa da un bel pezzo.
Se volevo andarmene da lì avrei dovuto farlo in idrovolante.

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Scusa la qualità che và in decrescendo ma c’erano parecchie cose da fare e alla fine mi sono lasciato un pò andare.
Non ho capito la tua frase “Ovviamente, trattandosi di un mezzo di trasporto, le missioni saranno abbastanza difficili.” … ovviamente ?


 
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†DeStRo†
view post Posted on 3/8/2012, 10:16




CITAZIONE
Risposte: Difficile nel senso che sarà lunga. Cioè non è che andiamo in giro a distribuire idrovolanti così ad occhio lol.

Gidizio Prima Missione: E' andata. Sono un poco titubante ma comunque è andata.
Mi spiego subito. Non so perché ma ti ho sempre immaginato coem un tipo pignolo e attento ai particolari e invece ho notato qualche errore di battitura (sottolineo di battitura e non grammaticali), che con una rilettura attenta dei post potevi benissimo evitare. Passo comunque al giudizio esaminando campo per campo.

Stile e scrittura: lo stile mi piace molto. Semplice ma preciso. Il testo è abbastanza scorrevole e senza troppi intoppi (tranne per il link del mantello nel testo che secondo me potevi benissimo mettere a fine post). Le descrizioni sono essenziali e qui, personalmente, avrei preferito qualche particolare in più poiché, specie dalla cattura in poi, i dettagli vanno sempre scemando. Tipo io mi sono chiesto: come era la donna? Oltre il nome non hai indicato molto.

Introspezione del Personaggio: Beh qui nulla da dire. Si vedi che sei esperto nel ruolare poichè il personaggio risulta essere composto e coerente con la psiche in tutto il resto. Non sei di certo un novellino che prima fa il personaggio figo che, successivamente, senza nessuna causa plausibile si trasforma in tutt'altro. Questa è sempre stata una tua capacità che ho sempre apprezzato molto e da cui - non voglio mentire- ho sempre preso ispirazione.

Strategia e Ragionamento: Qui arriva la nota un poco nolente. Comincio dal principio.
Nei primi tre atti sei stato fantasticio. la strategia delle buste, il tramortimento ed ecc e il fatto che non hai utilizzato l'effimera sin da subito per itnrufolarti nel paese è sicuramente un punto a tuo favore, cosa che ho apprezzato molto, poichè hai mostrato di saper usare l'ambiente a tuo favore. Devo ammettere che ho voluto mettere un tranello (sky farà la cosa semplice e opterà per un qualcosa di più pericoloso?) e fin qui nulla da dire ma...
La lotta con il tizio, Nuka, è stata un duro colpo per me. Ho detto che il tizio era in possesso dell'elemento terra. mi aspettavo un combattimento più ricco e, magari, che fosse stato in grado di liberarsi da solo della tecnica. Invece ti sei limitato a immobilizzarlo e amen. Qui ho un poco di amaro in bocca.
La seconda cosa che mi ha lasciato di stucco è che il tuo personaggio non cade subito nella trappola dei "falsi pirati". Cioè a mio avviso lo ha capito troppo presto ma, probabilmente, il clima creatosi ha favorito tutto.

Comunque a fronte di ciò dichiaro passata la prima parte della quest.

_________.-Crisi!-._________



Tutto sembra andare per il verso giusto.
Bbasterà dichiarare che la donna è tornata per eliminare la morsa del governo dalla città che sarà del tutto libera in circa due giorni.
Successivamente esponi i tuoi proggetti a Radon la quale, volendosi sdebitare, accetta ben volentieri l'incarico seppur siete costretti ad aspettare il nuovo carico di legno da Konoha, tra circa altre due settimane.
Parli al lumacofono col kage per avvertirla e indicarle che il commercio può riprendere senza intoppi. Tuttavia tieni per te la prigionia temendo che la chiamata potesse essere intercettata.

In un mese vengono realizzate tutte e tre le opere e sei ormai pronto a partire. tutto è filato liscio e continua così finchè, quando cominci a costeggiare le terre del fuoco, ecco che un paio di navi pirate cercano di abbatterti.

Ecco cosa devi fare GianGiacomo. Descrivi il tutto: il rientro trionfale in città(durante il quale cerchi di capire come mai i marines l'avessero rapita. Lei ti confida che ha rifiutato di costruire navi da guerra esclusive per la marina con la capacità di distruggere villaggi in pochi minuti e che, quindi, volevano costringerla), la marina che va via, e l'intero mese, il viaggio di ritorno, e come cerchi di non essere abbattutto.
Quando atterri, però sai già che i pirati ti daranno del filo da torcere. Fortunatamente dopo alcuni minuti ci saranno dei rinforzi direttamente da Konoha, allertati da alcuni ninja che, fortunatamente, si trovavano in missione nei paraggi. Descrivi un battaglia dove sei completamente libero di inventare qualunque cosa tu voglia (numero nemici, numero alleati, eventuali poteri e così via.
L'unica limitazione è che tra i tuoi alleati non possono esserci possessori di logia).
La battaglie viene vinta e nel trambusto generale scorgi un pirata che sembra essere nato con lo stesso stampo di Strass.
Ritorni a Konoha e sei costretto a fare rapporto al kage. Voglio il rapporto e voglio vedere se GianGiacomo racconterà o meno della storia dei marines, o userà la scusa dei pirati utilizzata dal Governo a Water Seven e se diràdel irata sospettosamente uguale a quel famoso Vice-Capitano.
Infine, trova un emtodo per sottrarre l'idrovolante al Kage.
Eventuali domande falle con il solito mp.



Edited by †DeStRo† - 6/8/2012, 00:36
 
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