Il cuore caldo della nebbia.

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Eclipsed
view post Posted on 11/10/2012, 23:55 by: Eclipsed




"Figliolo, non ricordi, anni fa, quando c'era la guerra? Avresti pregato per un piatto del genere. Sù, cerca di mangiare."

Hiro restò rigido a fissare il piatto davanti a sè. Erano tutti a tavola, e nessuno parlava da un pezzo. L'improvvisa interruzione di Tod fece sobbalzare Maya, che cominciò a mandar già qualche boccone con difficoltà: neanche lei aveva molto appetito. Ma il giovane parve non aver udito quanto detto dal padre. Tod sospirò. non sapeva più cosa dire. Era ormai una settimana che andava avanti così, da quando...

SKREK

Hiro si era improvvisamente alzato in pedi.
"Non ho fame, credo che uscirò."
Prima ancora di aver terminato la frase aveva già un piede fuori dalla porta. La madre tentò di dire qualcosa, ma rinunciò
"Verrai domani in ospedale?" Tentò Tod. La risposta fu un cenno di mano interpretabile come un "lascia perdere".

Restarono in silenzio fino al tonfo della porta d'ingresso. Tod allontanò il piatto e si alzò, offeso. Si diresse verso la poltrona e lì si lasciò cadere. Maya si alzò e cominciò a pulire la tavola. Nessuno dei due parlò finchè Maya non ebbe finito; quindi fu lei a rompere il ghiaccio: "Su, andiamo a dormire. E' inutile pensarci, dovrà risolverla con le sue forze..." Mentre parlava si sfregava nervosamente le mani, ma il suo intento era quello di tranquillizzare il marito. Era stato lui a rivelare a Hiro la verità, e Maya sapeva che si sentiva in colpa per questo. In colpa per non averglielo detto prima.
Tod allungò il braccio peloso e acchiappò una pipa in mogano, riposta sul comodino accanto al tavolo. Accese il tabacco con un fiammifero e diede qualche boccata, osservando corrucciato la finestra. Fuori la nebbia era fittissima. "Lo sai, cara. Ho sbagliato. Non è necessario che ti assuma anche tu questo peso... ora va' a dormire. Anche io dovrò risolverla da me.". Maya restò qualche istante ad osservarlo. Poi si avvicinò lentamente, gli prese la pipa con gesto fermo e diede anche lei una profonda boccata; poi fissandolo negli occhi disse: "Ricordati che abbiamo deciso tutto insieme. E pagheremo insieme. Voglio affrontare questa cosa con te... ne sento il bisogno" e gli ricacciò la pipa in bocca, per poi voltarsi e andare a dormire.

Non passò molto prima che Tod spegnesse la pipa e la raggiungesse a letto.

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Quella sera la nebbia era più fitta del solito. Una volta uscito, Hiro si accorse di non poter vedere a più di un palmo dal naso. Ma non avendo alcuna intenzione di tornare dentro, proseguì sparendo tra la foschia. L'aria era fredda e pungente. Hiro era detto "piede lungo". Adorava camminare, specialmente in momenti come questi, in cui aveva qualche male da estirpare. Ma stavolta il vuoto che provava dentro non era uno di quelli facilmente riempibili. Bensì un profondo e oscuro vortice, un maldipancia scostante e infernale a causa della tensione addominale. Camminò, passo dopo passo, allonandosi da quella che credeva fosse la sua casa, la sua famiglia, e più la distanza che lo separava da essa andava ad aumentare, più avvertiva un senso di liberazione. Da quando aveva saputo che i loro genitori, non erano i suoi veri genitori, non riusciva più a guardarli negli occhi, a condividere la stessa stanza. Non sapeva più come considerarli. Specialmente Tod. Possibile che fino ad allora non gli avesse mai detto la verità? Il loro era un rapporto speciale: l'amore paterno sfociava nell'amicizia più pura. Per anni Hiro lo aveva accompagnato all'ospedale della città, imparando la professione con passione, aiutandolo e condividendo insieme l'orrore della guerra e la sofferenza dei feriti... Strinse i pugni. Doveva ancora considerarsi fortunato, nonostante tutto. La pace era finalmente giunta, e loro erano tutti vivi, e la loro casa era una delle poche che non subì danni a sguito della lunghe battaglie che si tennero nel loro villaggio, Fujima.

Ormai era un po' che camminava, diretto verso un piccolo giardino pubblico a poche centinaia di metri da casa sua. Si accorse di aver oltrepassato il cancello d'ingresso e di costeggiare un piccolo stagno posto al centro del parco. Girare per Fujima di notte era davvero impossibile: la nebbia sembrava fosse un muro di mattoni bianchi, e Hiro bestemmiò forte quando urtò qualcosa di duro all'altezza del ginocchio. La rabbia lo colse d'improvviso, e improvvisamente il suo stomaco fu invaso da una grande sensazione di energia, di calore. Gli capitava spesso negli ultimi mesi, ma ancora non riusciva a capire quale fosse il motivo. Si accorse che l'oggetto contro cui aveva urtato era una lunga panchina in ferro battuto. Dunque vi si sedette e si massaggiò la gamba dolente. Poi si guardò le mani: sentiva che anche queste erano bollenti, rispetto al viso e al resto del corpo. Alzò lo sguardo e si rese conto che la nebbia non c'era più. Possibile? Guardando meglio si rese conto che era come se la foschia fosse scomparsa in un raggio di 10 metri intorno a lui. Si alzò in piedi, stranito. Era proprio così: si trovava in un cerchio ben delineato, i margini definiti dalla spessa nebbia bianca. "Ma che diavolo succede? Cos'è questo strano fenomeno?" Per un attimo ebbe paura e si guardò intorno ansioso: ma non c'era nessuno. Cominciò a correre e il suo cuore sussultò quando vide che ovunque andava la nebbia si diradava: era come se fosse idrorepellente. Hiro scoprì quella notte di poter controllare il tasso di umidità nell'aria. Passò l'intera nottata a cercare di prendere coscienza di questa sua capacità, provando a concentrarsi in vari modi: notava che il calore dentro di sè era talmente alto che la sua pelle fumava nel buio della notte... Passata qualche ora, durante la quale si era divertito a formare forme geometriche di nebbia nell'aria limpida, casualmente, si era trovato nei pressi dello stagno. Gli venne spontaneo accucciarsi per bagnarsi le mani, e fu nel momento in cui immerse le mani nell'acqua che sussultò, osservando l'acqua bollire improvvisamente. Com'era possibile? Le mani pulsavano e fumavano, completamente asciutte. Raccolse dell'acqua con le mani a coppetta e la osservò curioso evaporare nell'aria. "E' come se qualcosa dentro di me stia bruciando.." pensò. Poi si alzò in piedi e osservò la placida superficie del lago smossa da sinuose onde che andavano perdendosi nel buio della notte. Provò a concentrarsi e si fissò nuovamente le mani. Sentiva che tutta la sua energia era concentrata lì, tra le dita e il palmo: sarebbe stato in grado di "trasferirla" al resto del corpo? Chiuse gli occhi e spese una manciata di minuti prima di avvertire lo stesso calore, oltre che nella pancia e nelle mani, anche nelle gambe e sulle braccia. "Così va meglio..." Si accucciò nuovamente sulla sponda del lago "Oh!". Ora la superficie del lago si era mossa senza che lui l'avesse toccata. Stese le braccia e cominciò ad eseguire dei movimenti dolci e ondulatori con le mani, a qualche centimero dalla superficie. Sorrise divertito mentre osservava l'acqua spostarsi e mescolarsi come se stesse usando un grande paiolo invisibile. Fece un violento gesto di apertura con il braccio destro e un'onda gigante travolse i cespugli al lato dello stagno; delle rane gracchiarono impaurite e si allontanarono saltellando. Ora Hiro si stava sforzando, stringendo i pugni, con l'intenzione di concentrare quanta più energia possibile e liberarla tutta insieme nello stesso momento. Quando distese tutte e due le braccia, l'intera quantità d'acqua presente nello stagno si disperse nell'aria. Scomparve completamente, lasciando Hiro di stucco. "Questa sì che è una figata!" Pensò soddisfatto! Sarebbe stato capace di concentrarsi e riempirlo nuovamente? Ormai aveva intuito di poter sfruttare l'intera quantità d'acqua presente nell'aria attorno a sè. Ci vollero ore prima di riuscirci...

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Hiro ansimava, a quattro zampe sul terreno. Il parco era ormai completamente libero dalla nebbia, probabilmente l'unico spazio in tutta Kiri ove, all'alba, l'aria fosse limpida e pulita. Un albero a pochi metri da lui fumava, annerito. E un'euforia esplosiva corrodeva il petto del giovane. "... non posso crederci. Ho appena fatto esplodere un cazzo di albero!". Si lasciò cadere a terra, sdraiato sulla schiena, e scoppiò a ridere, non riuscendo a smettere per un bel pezzo. L'idea di aver appena vomitato una così grande quantità di energia dalla bocca, tale da bruciare un albero di quelle dimensioni lo faceva ridere a crepapelle. Si sentiva forte, diverso: con qualcosa in più rispetto a prima. Credeva di esser destinato a diventare un medico: non aveva mai pensato di possedere dei particolari poteri potenzialmente utili in battaglia. Le sue risa echeggiavano nel parco silenzioso. Il pensiero dei suoi veri genitori era lontano in quel momento...

Stato Fisico: Leggere scottature sul viso, stanco per lo sfogo energetico.
Stato Psicologico: Eccitato e felice per la scoperta del suo Chackra.
Chackra: 10/10
S

Edited by Eclipsed - 12/10/2012, 14:17
 
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